Penale

Reciproco riconoscimento delle decisioni con pena sospesa

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di Marina Castellaneta

Nel proseguire il lento cammino verso il rispetto degli obblighi di recepimento degli atti Ue in materia di cooperazione giudiziaria penale, è stato adottato il decreto legislativo 15 febbraio 2016 n. 38, in vigore dal 29 marzo, che dà attuazione alla decisione quadro n. 2008/947/Gai sull'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive. Tale decisione è stata poi modificata dalla decisione quadro 2009/299/Gai del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/Gai, 2005/214/Gai, 2006/783/Gai, 2008/909/Gai e 2008/947/Gai rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo (recepita in Italia con il decreto legislativo n. 31 del 15 febbraio 2016).

Il campo di applicazione oggettivo - In linea con la decisione quadro, il Dlgs n. 38 chiarisce immediatamente che l'applicazione del sistema predisposto può trovare attuazione solo se le disposizioni «non sono incompatibili coni principi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo».

Una precisazione che amplia quanto già contenuto nell'atto Ue il quale, nel Preambolo, afferma che la decisione quadro «non dovrebbe ostare a che ciascuno Stato membro applichi le proprie norme costituzionali relative al diritto al giusto processo, alla libertà di associazione, alla libertà di stampa, alla libertà di espressione negli altri mezzi di comunicazione e alla libertà di religione». In ogni caso, giova ricordare che gli atti Ue rispettano l'articolo 6 del trattato Ue e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e, quindi, appare più teorico che concreto un conflitto con le regole riguardanti i diritti fondamentali.

Per quanto riguarda l'oggetto dell'atto, esso si occupa, in sostanza, di assicurare la libera circolazione delle decisioni definitive, frutto di un organo giurisdizionale penale, che comminano «nei confronti di una persona fisica una pena detentiva o comunque restrittiva della libertà personale con sospensione condizionale oppure una sanzione sostitutiva».

L'articolo 4 del Dlgs n. 38 indica, in un elenco che appare tassativo tanto più che non è richiamata la possibilità di esercitare la sorveglianza su altre misure - opzione prevista nella decisione quadro - gli obblighi impartiti con la sospensione condizionale della pena (disciplinata dall'articolo 163 del codice penale), con sanzioni sostitutive o liberazione condizionale.

Si tratta, in particolare, di:
a) obbligo di comunicare ogni cambiamento di residenza o di posto di lavoro all'autorità indicata nel provvedimento impositivo;
b) divieto di frequentare determinati locali, posti o zone del territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione;
c) restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato di esecuzione;
d) prescrizioni che impongono determinate condotte o che attengono alla residenza, all'istruzione e alla formazione, alle attività ricreative, o, ancora, che limitano o prescrivono modalità di esercizio di un'attività professionale;
e) obbligo di presentarsi nelle ore fissate all'autorità indicata nel provvedimento impositivo;
f) obbligo di evitare contatti con determinate persone;
g) obbligo di non utilizzare determinati oggetti che sono stati usati o che potrebbero essere usati a fini di reato;
h) obbligo di risarcire i danni causati dal reato e di darne conseguentemente prova;
i) obbligo di svolgere un lavoro o una prestazione socialmente utile;
l) obbligo di cooperare con un addetto alla sorveglianza o con un rappresentante di un servizio sociale;
m) obbligo di assoggettarsi a un trattamento terapeutico o di disintossicazione».

La procedura di trasmissione all'estero - Per quanto riguarda la disciplina fissata nei casi in cui l'Italia sia Stato di emissione, l'articolo 5 stabilisce che tocca al pubblico ministero presso il giudice che ha deliberato il provvedimento, in linea con l'articolo 665 del codice di procedura penale, trasmettere la sentenza o la decisione di liberazione condizionale all'autorità competente dello Stato membro in cui la persona condannata ha la residenza legale e abituale. In taluni casi, su istanza della persona condannata, la trasmissione può essere disposta verso uno Stato diverso, previo consenso dell'autorità nazionale. Una previsione che è in linea con uno degli obiettivi della decisione quadro 2008/947, ossia favorire il reinserimento sociale e la riabilitazione della persona condannata che avviene con maggiore efficacia nel luogo più prossimo all'abituale svolgimento della propria vita. Senza dimenticare che va considerata anche l'esigenza di rafforzare la protezione delle vittime e della collettività.

La trasmissione, con il certificato allegato, va disposta immediatamente a condizione che gli obblighi fissati debbano essere adempiuti per un periodo non inferiore ai sei mesi. Iter snello sotto il profilo formale perché è richiesto unicamente che la trasmissione avvenga con un mezzo che lasci una traccia scritta e con la traduzione del testo del certificato nella lingua dello Stato di esecuzione.

Resta ferma la possibilità per il pubblico ministero di ritirare il certificato se lo Stato di esecuzione non ha dato attuazione al provvedimento nei casi in cui all'estero per il reato per il quale è intervenuta la condanna sia prevista una misura restrittiva della libertà personale della durata superiore a quella fissata per situazioni corrispondenti dalla legislazione interna. Analoga richiesta può essere esercitata se lo Stato di esecuzione procede ad adattare le misure di sospensione condizionale secondo la propria legislazione.

Se lo Stato di esecuzione procede al riconoscimento e, quindi, all'esecuzione, le autorità italiane non hanno più obblighi dal punto di vista della vigilanza sull'esecuzione del provvedimento.
Tuttavia, l'autorità giudiziaria italiana ha un potere di riassunzione se quella dello Stato di esecuzione comunica che la persona condannata si è sottratta all'esecuzione o ha cambiato residenza o dimora abituale.

L'Italia come Stato di esecuzione - La disciplina passiva è contenuta nel capo III del Dlgs n. 38 che attribuisce la competenza alla Corte di appello nel cui distretto la persona condannata ha la residenza legale e abituale nel momento in cui il provvedimento è trasmesso all'autorità giudiziaria o dove ha indicato di voler trasferire la residenza.

La Corte di appello deve accertare la sussistenza di alcuni requisiti che devono essere presenti congiuntamente. Si tratta, in particolare, della residenza legale e abituale nel territorio italiano, della previsione del reato anche sulla base della legge nazionale a eccezione dei casi in cui è esclusa la doppia punibilità (elencati all'articolo 11) e, comunque, prescindendo dal dato meramente formale come la denominazione del reato, della compatibilità con la legge italiana della durata e della natura degli obblighi e prescrizioni.
È opportuno ricordare che l'autorità italiana può procedere ad alcuni adeguamenti, comunicandoli all'autorità dello Stato di emissione, a condizione che si tratti di deroghe minime, fermo restando che è preclusa la possibilità di un aggravamento per quanto riguarda il contenuto o la durata degli obblighi e delle prescrizioni imposti dall'autorità dello Stato di emissione.

Il procedimento si svolge dinanzi alla Corte di appello che ha ricevuto le richieste di riconoscimento secondo le indicazioni fissate dall'articolo 9. In base all'articolo 12, la procedura si svolge in camera di consiglio secondo le regole fissate dall'articolo 127 del codice di procedura penale.

La decisione sull'accoglimento della richiesta è adottata entro 30 giorni dalla data di ricevimento dell'istanza, con una possibile proroga di 20 giorni, previa comunicazione all'autorità dello Stato di emissione. La decisione della Corte di appello è poi trasmessa al Procuratore generale a cui compete l'esecuzione.

È permesso, in linea con gli altri sistemi di riconoscimento reciproco, il ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte di appello secondo l'iter previsto dall'articolo 22 della legge 69/2005 con la quale è stata recepita la decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri. La decisione definitiva è poi trasmessa al ministero della Giustizia che informa l'autorità competente dello Stato di emissione.
Le ipotesi di non riconoscimento sono fissate dall'articolo 13 del Dlgs n. 38 che elenca i motivi in base ai quali la Corte di appello ha la facoltà di bloccare il riconoscimento con la necessità, però, di informare l'autorità dello Stato di emissione. In taluni casi, è stabilito un più severo iter procedurale perché la Corte di appello, prima di decidere sul rifiuto, deve consultare l'autorità competente dello Stato di emissione, richiedendo le informazioni utili per l'adozione della decisione finale.

Se la Corte di appello dà il via libera al riconoscimento, la competenza sulla sorveglianza, affidata al procuratore generale, avviene secondo la legislazione italiana che è altresì competente in materia di amnistia, indulto e grazia (non è indicata l'ipotesi di revisione della sentenza a differenza di quanto avviene nella decisione quadro).

Nell'ottica di una responsabilizzazione dell'individuo condannato e dell'effettività dell'obiettivo del reinserimento, se la persona condannata si sottrae all'osservanza degli obblighi o non ha più la residenza legale e abituale nello Stato italiano, cessano gli obblighi di sorveglianza da parte dell'autorità italiana con la comunicazione da parte del procuratore generale presso la Corte di appello all'autorità competente dello Stato di emissione.

Dlgs 15 febbraio 2016 n. 38 - Allegato II

Dlgs 15 febbraio 2016 n. 38 - Allegato I

Dlgs 15 febbraio 2016 n. 38

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