Residenza, controlli non concordati e leale collaborazione tra ente e privato
La Cassazione ammette periodi di assenza significativi per motivi di studio o lavoro
La bussola della Cassazione sulle condizioni per la residenza e per i relativi controlli dei Comuni. In mesi come quelli determinati dalla pandemia dove la mobilità è limitata, ma crescono le tentazioni per cambi anche profondi delle abitudini di vita. E nel caso preso in esame dalla Corte, con l'ordinanza n. 3841 della Prima sezione civile depositata ieri, la richiesta di cambio di residenza, negata dal Comune, era stata indirizzata proprio a una delle località di vacanza più note, Courmayeur.
La pronuncia fissa alcuni principi di diritto da tenere presenti nella materia, comunque assai controversa. Il primo è relativo alla nozione di residenza che deve essere considerata sia per la sua conservazione sia per la prima iscrizione nelle liste anagrafiche di un determinato Comune. A caratterizzarla è la permanenza nella località interessata «per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo (elemento oggettivo), e dall'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari, affettive (elemento soggettivo».
Una permanenza stabile che esiste anche quando una persona lavora o svolge un'altra attività fuori dal Comune di residenza. A patto che ritorni abitualmente presso la sua abitazione, una volta conclusi gli impegni di lavoro o di studio e che conservi lì il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.
La Cassazione, così, da una parte sposa la linea della difesa favorevole a non penalizzare periodi anche significativi di assenza, necessari per potere seguire proprie occupazioni, dall'altra, tuttavia, respinge la tesi per cui, quanto ai controlli, gli accessi all'abitazione possono avvenire solo dopo accordo con l'intressato. «La verifica - sottolinea l'ordinanza - deve essere seria e deve consentire all'Amministrazione locale di accertare che la scelta di un cittadino di fissare in un determinato luogo la propria residenza non risponda a ragioni di comodo, qualunque esse siano».
Il principio base deve allora essere quello della leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato «con l'onere in capo al richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui».