Residenza fiscale all’estero, serve la prova dell'effettività
Per sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi, non è sufficiente il mero dato formale dell’iscrizione
Per sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi, non è sufficiente il mero dato formale dell’iscrizione all’anagrafe estera, ma è necessario fornire la prova di non avere come centro dei propri interessi l’Italia. A fornire tale precisazione è la Cassazione con l’ordinanza n. 17748/2021.
Il caso
La vicenda prende le mosse da un accertamento dell’agenzia delle Entrate, relativo all’anno 2004, disposto nei confronti di un uomo residente a Montecarlo, che evidenziava una evasione d’imposta superiore a 100 mila euro. Le indagini portavano alla luce alcuni elementi, quali rapporti con istituti di credito, acquisto di immobili e costituzione di società, che facevano ritenere come meramente fittizia la residenza estera dell’imprenditore. Quest’ultimo si difendeva adducendo la natura meramente finanziaria delle operazioni contestate e la rilevanza di alcuni elementi fattuali, come l’iscrizione della figlia in una scuola del Principato di Monaco.
I giudici della Commissione tributaria provinciale davano ragione al Fisco ritenendo che la residenza all’estero fosse solo formale, mentre la Commissione tributaria regionale ribaltava il verdetto reputando non provate le pretese dell’Agenzia delle Entrate contro le affermazioni dell’uomo circa le movimentazioni finanziarie e le scelte di vita familiari.
La prova della residenza effettiva
La decisione cambia ancora in Cassazione, dove i giudici di legittimità accolgono il ricorso del Fisco sottolineando l’errore compiuto dalla Commissione tributaria regionale in merito all’individuazione del criterio determinante ai fini del pagamento delle imposte sui redditi. Ebbene, afferma la Suprema corte, esso non è l’iscrizione del cittadino all’anagrafe dei residenti all’estero, bensì la prevalenza del luogo ove il soggetto ha il centro principale dei propri interessi, «cioè dove la gestione di detti interessi viene esercitata in modo riconoscibile da terzi». A ciò va aggiunto che la normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie inseriva il Principato di Monaco tra i paesi fiscalmente privilegiati, con la conseguenza che sul contribuente gravava l’onere di dimostrare l’effettività della residenza estera.
Una tale dimostrazione non risulta fornita nel caso di specie: il giudice d’appello ha ritenuto non sufficienti le prove fornite dal Fisco volte a dimostrare la residenza in Italia del contribuente, quando avrebbe dovuto essere lo stesso contribuente a dimostrare la sua effettiva residenza nel Principato di Monaco.