Casi pratici

Danno cagionato dal subagente di assicurazione e responsabilità dell'agente

Nozione di subagente di assicurazione

di Tiziana Cantarella

la QUESTIONE
Quando è responsabile l'agente di assicurazione per i danni causati dal subagente? Quali sono le conseguenze nell'ipotesi in cui il subagente operi quale "falsus procurator"?


La disciplina previgente
La definizione del subagente di assicurazione si rinviene solo incidentalmente nella legge che, a suo tempo, aveva istituito l'Albo degli agenti di assicurazione e precisamente nell'art. 5, primo comma,l egge n. 48 del 7 febbraio 1979, il quale disponeva che costituisce titolo equipollente dell'esame di idoneità per l'iscrizione all'Albo degli agenti di assicurazione, essere stato per almeno due anni, subagente professionista, intendendosi per tale colui che «con l'onere di gestione, a proprio rischio e spese, dedica abitualmente e prevalentemente la sua attività professionale all'incarico affidatogli da un agente e che non esercita altra attività imprenditoriale o lavorativa, subordinata od autonoma».

Il Codice delle Assicurazioni
Successivamente, è stato emanato il Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209), nel tempo più molte modificato, che ha riformato la materia delle assicurazioni e ha abrogato, tra le altre, la suddetta legge, con decorrenza dal 1° gennaio 2006 (data di entrata in vigore del Codice).
Nel titolo IX, «Attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa» – rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 5, del D. Lgs. 21 maggio 2018, n. 68, con applicazione a decorrere dal 1° ottobre 2018 – del Codice delle Assicurazioni è contenuta la disciplina dell'attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa.
In particolare, l'art. 106 cap, recentemente modificato dall'art. 1, comma 3, del D. Lgs. 30 dicembre 2020, n. 187, fornisce la definizione di tale attività, precisando che essa consiste nel «fornire consulenza, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera m-ter), in materia di contratti di assicurazione, proporre contratti di assicurazione o compiere altri atti preparatori relativi alla loro conclusione, concludere tali contratti ovvero collaborare, segnatamente in caso di sinistri, alla loro gestione ed esecuzione, inclusa la fornitura di informazioni relativamente a uno o più contratti di assicurazione sulla base di criteri scelti dal cliente tramite un sito internet o altri mezzi e la predisposizione di una classifica di prodotti assicurativi, compreso il confronto tra prezzi e tra prodotti o lo sconto sul premio di un contratto di assicurazione, se il cliente è in grado di stipulare direttamente o indirettamente un contratto di assicurazione tramite un sito internet o altri mezzi».
Inoltre, l'art. 108 cap – anch'esso modificato dal sopra citato decreto legislativo del 2018 – disciplina l'accesso all'attività di distribuzione assicurativa o riassicurativa, disponendo che essa è riservata esclusivamente alle imprese di cui all'articolo 107-bis, comma 1, lettera a), ai relativi dipendenti, nonché agli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi, iscritti nel Registro di cui all'art. 109 cap, nel quale sono indicati gli Sati membri in cui detti intermediari operano in regime di libero stabilimento o di libera prestazione dei servizi.
Pur in assenza di un espresso richiamo alla nozione di subagente, deve ritenersi che quest'ultimo rientri nella sezione sub lett. e) del suddetto art. 109 cap il quale indica coloro che sono «addetti all'intermediazione, quali i dipendenti, i collaboratori, i produttori e gli altri incaricati degli intermediari iscritti alle sezioni di cui alle lettere a), b), d), e) e f) per l'attività di intermediazione svolta al di fuori dei locali dove l'intermediario opera». Ciò, ha trovato conferma in una pronuncia della giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale non vi è dubbio che il subagente rientri tra i collaboratori dell'agente ai sensi dell'art. 109, comma 2, lett. e), del codice delle assicurazioni (Cassazione civ., Sez. VI, 23 maggio 2018, n. 12662).

Il Codice civile
Occorre poi fare riferimento alle norme del Codice civile e in particolare, all'art. 1753 c.c., titolato «Agenti di assicurazione», il quale ha apportato rilevanti modifiche alla gerarchia delle fonti stabilita dagli artt. 1, 7, 8 delle preleggi al Codice civile. Infatti, tale norma, pur contenendo un mero rinvio alle norme dettate per l'agente di commercio, ne prevede l'applicazione solo «in quanto non siano derogate dagli usi» e «in quanto siano compatibili con la natura dell'attività assicurativa» così estendendo alla figura dell'agente (e conseguentemente, del subagente) le disposizioni del Codice civile in materia di contratto di agenzia, ma solo ove non siano derogate dalle suddette disposizioni.
Conseguentemente, prima dell'entrata in vigore del Codice delle Assicurazione, la gerarchia delle fonti risultava modificata per gli agenti di assicurazione come segue:
1) in primo luogo trovavano applicazione gli Accordi Collettivi di categoria;
2) in mancanza di disposizioni si applicavano gli usi;
3) in mancanza di usi trovava applicazione la disciplina del contratto di agenzia di cui agli artt. 1742-1752 c.c. a condizione che fosse compatibile con la natura dell'attività assicurativa.
Infine, essendo sia gli artt. 1742-1752 c.c., sia gli usi norme derogabili, su di essi potrà prevalere l'autonomia privata e, dunque, gli agenti, i subagenti e le imprese potranno liberamente regolare tutti quegli aspetti del contratto che non siano però disciplinati dagli Accordi Collettivi vigenti e oggi dal Codice delle Assicurazioni.

La responsabilità dell'assicuratore per il fatto degli ausiliari
Nonostante l'introduzione del Codice delle Assicurazioni, il problema della responsabilità dell'assicuratore per il fatto degli ausiliari è rimasto tra i più dibattuti perché l'art. 119 cap che disciplina la responsabilità dell'impresa per il fatto degli intermediari tace sulla configurabilità della responsabilità dell'assicuratore per gli intermediari iscritti nella sezione di cui alla lettera a) del Registro, ovvero gli agenti, tuttavia, introduce la responsabilità solidale dell'assicuratore o di quest'ultimi, per il fatto illecito dei propri incaricati e ausiliari: «L'impresa di assicurazione, o un intermediario iscritto alla sezione del Registro di cui all'art. 109, comma 2, lettera a) o b), risponde in solido dei danni arrecati dall'operato dell'intermediario iscritto alla sezione del Registro di cui all'art. 109, comma 2, lettera d), cui abbia dato incarico, compresi quelli provocati dai soggetti iscritti alla sezione del Registro di cui all'articolo 109, comma 2, lettera e), anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale».

Le responsabilità nel caso di errori del subagente
In assenza di un'apposita disciplina cosa accade quindi, se il subagente di assicurazione commette degli errori?
La dottrina maggioritaria (tra cui Donati, Trattato del diritto delle assicurazioni private, II, Milano, 1954, 526 s. e Fanelli, Le assicurazioni, Milano, 1973, 413) è giunta alla conclusione che la responsabilità dell'assicuratore per il fatto dell'ausiliario va accertata caso per caso, tenendo conto delle singole fattispecie e soprattutto dell'esistenza o meno del potere di rappresentanza in capo all'ausiliario e della natura contrattuale o aquiliana dell'illecito e dell'eventuale colpa concorrente dell'ausiliario.
La questione può essere affrontata distinguendo preliminarmente i due profili della responsabilità nei confronti della Compagnia di assicurazioni e della responsabilità nei confronti del terzo assicurato.

Sotto il primo profilo, poiché normalmente il subagente non ha alcun rapporto diretto con la Compagnia di assicurazione (la quale nella maggior parte dei casi non ha alcuna ingerenza nella scelta del subagente) si possono verificare due ipotesi:

1) l'agente risponde nei confronti della stessa ex art. 1228 c.c. per il fatto colposo o doloso dell'ausiliario (ad esempio, nel caso di trasmissione al subagente di un assegno recante l'indennizzo che viene illegittimamente trattenuto dal subagente);

2) il subagente risponde direttamente nei confronti della Compagnia quando si tratti di un danno risarcibile ex art. 2043 c.c. (ad esempio, il subagente stipula un contratto nullo o induce dolosamente un terzo a contrarre la polizza) in quanto, in questi casi, la condotta del subagente non costituisce inadempimento di un obbligo contrattuale bensì il compimento di un fatto illecito.

Occorre, infine, precisare che le lettere di nomina del subagente possono prevedere a carico dell'agente l'obbligo di attenersi alle disposizioni dell'impresa assicuratrice nella gestione del subagente, sicché può dirsi che, in ultima istanza, è il contratto che può servire a individuare le rispettive responsabilità.
I summenzionati principi trovano applicazione anche nei rapporti esterni con i terzi, ma con la precisazione che le eventuali limitazioni dei poteri del subagente non sono loro opponibili, a meno che siano state rese pubbliche nelle forme richieste dalla legge ex art. 1903 c.c., il quale nel suo primo comma dispone espressamente che «gli agenti autorizzati a concludere contratti di assicurazione possono compiere gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti medesimi, salvi i limiti contenuti nella procura che sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge».

Principio dell'apparenza del diritto nel caso in cui agente o subagente agiscano quale "falsus procurator"
Il potere rappresentativo degli agenti di assicurazione è regolato dai seguenti principi:

1) la procura conferita all'agente, in quanto conferita da un imprenditore, è soggetta all'obbligo dell'iscrizione nel Registro delle Imprese ex art. 2195 c.c. e art. 8, legge 29 dicembre 1993, n. 580 e conseguentemente,

2) sia la procura che le limitazione dei poteri di rappresentanza si reputano note ai terzi solo se iscritte nel Registro delle Imprese (Cass. civ. 3 novembre 1998, n. 10978).

Ciò posto, è controverso se tali principi possano trovare applicazione anche nel caso di apparenza del diritto.
Il principio dell'apparenza del diritto, come noto, opera quando una situazione giuridica, nella realtà inesistente, appare esistente a un soggetto, non a causa di un suo comportamento colposo ma a causa del comportamento colposo del soggetto nei cui confronti l'apparenza è invocata. In tale ipotesi, l'ordinamento giuridico tutela la posizione del soggetto al quale la situazione giuridica inesistente sia apparsa, senza sua colpa, esistente.
Tale principio, che è strettamente correlato al più generale principio dell'affidamento incolpevole del terzo, può essere applicato in tema di rappresentanza, quando, indipendentemente dalla richiesta di giustificazione dei poteri del rappresentante ex art. 1393 c.c., sussista, da una parte, la buona fede del terzo contraente e, dall'altra, un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare il ragionevole affidamento del terzo sul fatto che il potere di rappresentanza era stato effettivamente conferito (In tal senso, v. Cassazione civ., Sez. III, 23 giugno 2017, n. 15645).

In particolare, nel caso in cui il contratto sia stato stipulato per il tramite dell'agente o di un subagente privo di potere rappresentativo, si pongono due problemi:

1) se e quali effetti possa avere nei confronti dell'assicuratore il contratto stipulato dal falsus procurator;

2) se e in che termini l'assicuratore possa rispondere dei danni a terzi.

La giurisprudenza ha ritenuto che il contratto stipulato dal falsus procurator non è né nullo né annullabile ma è un contratto a formazione progressiva perché può produrre i propri effetti se interviene la ratifica da parte dell'assicuratore (Cass. civ. 9 marzo 1995, n. 2730, Cass. civ. 14 maggio 1997, n. 4258, da ultimo Cassazione civ., Sez. II, 30 ottobre 2020, n. 24039).
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte ha, di recente, chiarito che la ratifica di un contratto soggetto alla forma scritta "ad substantiam", stipulato da "falsus procurator", non richiede che il "dominus" manifesti per iscritto espressamente la volontà di far proprio quel contratto, potendo essere quest'ultima anche implicita – purché sia rispettata l'esigenza della forma scritta – e risultare da un atto che, redatto per fini che sono consequenziali alla stipulazione del negozio, manifesti in modo inequivoco la volontà del "dominus" incompatibile con quella di rifiutare l'operato del rappresentante senza potere (v. Cassazione civ., Sez. II, 11 novembre 2021, n. 33454).

In ogni caso, qualora l'agente operi quale falsus procurator e non intervenga la successiva ratifica da parte dell'assicuratore, al fine di ritenere sussistente la responsabilità della società di assicurazioni (ed escludere, altresì, la colpa del terzo ex art. 1393 c.c. per la mancata verifica del potere di rappresentanza) occorre accertare che la forma di pubblicità data dalla società per escludere o limitare il potere degli agenti di stipulare per conto della stessa contratti di assicurazione non era idonea a tale scopo.
Infatti, la norma di cui all'art. 1903 c.c. attribuisce agli agenti il potere di compiere contratti di assicurazione con effetti obbligatori per l'assicuratore, salvi i limiti contenuti nella procura purché questa sia pubblicata nelle forme richieste dalla legge.
Se, dunque, l'atto di conferimento del potere di rappresentanza, con i limiti a esso applicati, è stato sottoposto a forma di pubblicità idonea a renderlo conoscibile da qualsiasi interessato (mediante iscrizione nel Registro delle Imprese) il terzo potrà rivalersi solo nei confronti del rappresentante senza poteri, il quale sarà responsabile nei confronti del terzo per culpa in contrahendo, per aver tenuto un comportamento contrario ai doveri di buona fede e correttezza.
Ciò posto, per l'ipotesi in cui è il subagente ad agire quale falsus procurator, si segnala una isolata pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. II, 28 agosto 2007, n. 18191, la quale ha statuito che «l'agente di assicurazione non risponde dei danni causati all'assicurato dal subagente il quale, millantando poteri rappresentativi di cui era privo, abbia indotto l'assicurato alla stipula di un contratto inefficace».

Pertanto, la Corte ammette la responsabilità esclusiva del subagente quando questi operi al di fuori del potere di rappresentanza.
Tale principio, tuttavia, sembra porsi in contrasto con la richiamata previsione di cui all'art. 109 cap, il quale prevede la responsabilità solidale dell'agente per il fatto dei propri incaricati e ausiliari, e, dunque, sembra configurare un'ipotesi di responsabilità solidale oggettiva che prescinde dall'accertamento dell'elemento psicologico del dolo o della colpa.
Contratto di subagenzia e collegamento al contratto principale di agenzia
Le due fattispecie negoziali del contratto di agenzia e del contratto di subagenzia, pur avendo contenuto sostanzialmente identico, si differenziano con riguardo al preponente, che nel contratto di agenzia è l'impresa mentre in quello di subagenzia è l'agente.
Si tratta di due contratti legati da collegamento funzionale poiché il contratto di agenzia costituisce il necessario presupposto per la stipulazione del contratto di subagenzia, il quale, dunque, rimane essenzialmente sottoposto alla normativa in materia di agenzia di cui agli artt. 1742-1752 c.c., con le seguenti precisazioni (In tal senso, v. Cassazione civ., Sez. L., 22 maggio 2020, n. 9489, secondo la quale il contratto di subagenzia costituisce, per l'appunto, una particolare forma di contratto derivato o subcontratto funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, che ne costituisce il necessario presupposto, sicché al primo si applica la disciplina del contratto principale ex artt. 1742 e 1753 c.c., nei limiti consentiti o imposti dal collegamento funzionale).

Dovrà, infatti, escludersi nei casi in cui il subagente operi nella stessa zona dell'agente l'applicabilità degli artt. 1743 e 1748, comma 2, c.c. che disciplinano rispettivamente, il diritto di esclusiva e quello alle provvigioni per gli affari conclusi dal preponente con terzi che l'agente aveva acquisito in precedenza.
Ancora, sarà inapplicabile al subagente la previsione di cui all'art. 1745 c.c. che disciplina il potere di rappresentanza dell'agente a meno che la Compagnia assicuratrice non decida di attribuire espressamente il potere di cui alla suddetta norma anche al subagente.
Inoltre, la norma di cui all'art. 1746 c.c. che obbliga l'agente a tutelare gli interessi del preponente e ad agire con lealtà nell'esecuzione dell'incarico non estende tale obbligo al subagente, il quale ben potrebbe acquisire un mandato di agenzia da parte di un'impresa concorrente con il preponente originario, tuttavia, in questo caso, opererà lo sbarramento dei principi generali di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. o, comunque, troveranno applicazione le regole in materia di concorrenza sleale tra imprenditori.
Alla luce di quanto sopra detto può, prima facie, ritenersi delimitato l'ambito di operatività del collegamento funzionale tra il contratto principale di agenzia e quello derivato di subagenzia, ma per procedere all'inquadramento di quella particolare figura di subagente che è il subagente assicurativo occorre compiere un ulteriore passo poiché, nella regolamentazione del rapporto di agenzia di assicurazione trovano applicazione anche gli Accordi di categoria i quali, come si è già accennato, prevalgono sulle disposizioni del Codice civile ex art. 1753 c.c.

Il capitolato di agenzia
In questo quadro, particolare rilevanza assume il c.d. "capitolato di agenzia".
Si tratta di un documento che contiene tutte le norme che andranno a regolare il rapporto di agenzia, che di solito è già stampato e predisposto dalle compagnie di assicurazione e che consiste in un vero e proprio contratto per adesione.

L'A.N.A. (Accordo Nazionale Imprese-Agenti) ha avuto modo di fissare alcuni punti essenziali di tale capitolato, tra i quali meritano menzione i seguenti:

a) l'agente deve promuovere gli affari assicurativi in tutto il territorio affidatogli, avvalendosi di produttori e costituendo sub-agenzie dietro preventivo benestare della direzione;

b) egli gode di piena autonomia nella scelta e nella direzione dei propri dipendenti e collaboratori ma è responsabile del loro operato nei confronti dell'impresa;

c) i dipendenti e i collaboratori dell'agente non hanno alcun rapporto con l'impresa;

d) l'agente deve provvedere a riscuotere i premi e inviarli all'impresa attraverso un conto corrente dove confluiscono solo i premi assicurativi relativi alle gestione, trattenendo da questi periodicamente le proprie provvigioni.

Riscossione dei premi assicurativi da parte del subagente di assicurazione
A questo punto, ci si chiede a che titolo venga imputata la riscossione dei premi assicurativi da parte del subagente di assicurazione, al fine di individuare i soggetti responsabili nel caso di mancato versamento dei premi riscossi.
Orbene, l'agente non è un rappresentante del preponente, poiché riceve in nome proprio il pagamento dei premi e pertanto agisce quale mandatario, a meno che non gli venga espressamente conferito il potere di rappresentanza.
Quanto appena rilevato vale anche per il subagente, nel senso che questi riscuote i premi per conto dell'agente con il quale ha il rapporto di subagenzia, ma in nome proprio.
Ciò posto, l'appropriazione delle somme riscosse dal subagente integra un danno solo nei confronti dell'agente e non nei confronti della società assicuratrice poiché quest'ultima è creditrice esclusivamente nei confronti dell'agente per la restituzione della somma pari ai premi detratta la provvigione dell'agente. In altre parole, l'atto illecito del subagente che si appropria dei premi assicurativi riscossinon esonera l'agente dall'obbligo di versare alla Compagnia di assicurazione le somme corrispondenti ai premi assicurativi, potendo poi l'agente rivalersi nei confronti del subagente.
A questo proposito, opportunamente, l'art. 117 cap dispone che i premi pagati all'intermediario e le somme destinate ai risarcimenti devono essere versati in un conto separato, del quale può essere titolare anche l'intermediario e che costituiscono un patrimonio autonomo rispetto a quello dell'intermediario medesimo, tuttavia, alcuni intermediari tra i quali sono ricompresi gli agenti di assicurazione e di riassicurazione possono evitare la costituzione del conto separato ricorrendo a unostrumento alternativo e cioè documentando in modo permanente con fideiussione bancaria una capacità finanziaria pari al 4% dei premi incassati, con un minimo di euro 15.000.

Il mancato pagamento della provvigione
Appare opportuno analizzare per completezza espositiva le conseguenze nella sfera del subagente, del mancato pagamento della provvigione da parte del preponente.
Anzitutto occorre ribadire che il preponente del subagente non è il dominus dell'affare (e cioè, la Compagnia di assicurazione) bensì l'agente stesso, pertanto un primo problema è quello di stabilirequando sorge il diritto del subagente alla liquidazione della provvigione. Spesso, infatti, l'agente non matura la provvigione con la promozione dell'affare ma con l'accettazione della proposta da parte del preponente (la Compagnia di assicurazione) e può anche essere subordinata, su accordo delle parti, al buon fine dell'affare e cioè al regolare adempimento della controprestazione da parte del terzo.
Ciò posto, la dottrina ha rilevato che riconoscere automaticamente al subagente il diritto alla provvigione in virtù della mera utilizzazione della sua opera promozionale e sul presupposto dell'assenza di rapporto tra il subagente e il preponente appare iniquo e non conforme alla ratio della normativa in materia di provvigione secondo la quale tale diritto deriva da una valutazione di convenienza dell'affare e dall'accettazione della proposta contrattuale da parte del preponente.
Purtuttavia, proprio in virtù dell'assenza di un rapporto diretto tra il subagente e il preponente, siesclude che l'inadempimento della Compagnia di assicurazione possa giustificare il mancato pagamento della provvigione del subagente, di talché, ove l'agente non onorasse il proprio debito, a causa dell'inadempimento del preponente, il subagente dovrà rivalersi direttamente nei confronti dell'agente e non del preponente potendo al più esperire contro di lui l'azione surrogatoria prevista dall'art. 2900 c.c.

I Regolamenti IVASS nn. 5/2006 e n. 40/2018
La novità essenziale del Codice delle Assicurazioni private consiste nel fatto che, in ossequio all'indirizzo europeo, tutte le figure legittimate alla distribuzione dei prodotti assicurativi sono state poste sullo stesso piano, nel senso che il Legislatore ha privilegiato il momento oggettivo dell'attività piuttosto che quello soggettivo dell'operatore economico che la svolge, così aderendo all'impostazione della direttiva 2002/92/Ce, infatti l'art. 106 cap definisce l'attività di intermediazione assicurativa a prescindere da coloro che la svolgono.
Il 1° gennaio 2007 è entrato in vigore il primo «Regolamento concernente la disciplina dell'attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa» n. 5, del 16 ottobre 2006, elaborato dall'ISVAP (Istituto di Vigilanza per le Assicurazioni Private e di interesse collettivo) – oggi IVASS "Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni" – in attuazione delle disposizioni del Codice delle Assicurazioni private e delle indicazioni dell'Unione Europea.
Tale regolamento, il quale metteva ordine tra i soggetti che, a diverso titolo, esercitavano l'attività di intermediazione assicurativa, attraverso l'istituzione del Registro Unico degli Intermediari (RUI) tenuto dall'ISVAP, diretto a garantire una maggiore tutela per i consumatori, è stato oggi abrogato e sostituito dal nuovo «Regolamento IVASS recante disposizioni in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa di cui al Titolo IX (disposizioni generali in materia di distribuzione) del D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle assicurazioni private» del 2 agosto 2018, n. 40, di recente modificato e integrato dal Provvedimento IVASS n. 4/2020.
In particolare, il nuovo Regolamento ha ridefinito la materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa, disponendo, tra l'altro, l'istituzione presso l'VASS di un Registro degli intermediari assicurativi, anche a titolo accessorio, e riassicurativi che hanno residenza o sede legale nel territorio della Repubblica (art. 4).

Considerazioni conclusive
In base alla nozione dell'art. 106 cap – come, da ultimo, modificata dal D. Lgs. n. 187 del 2020, nonché integrata dall'art. 1 del Regolamento IVASS n. 40/2018 – l'attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa è una fattispecie composita nella quale si distingue un'attività fondamenta ed una eventuale: in particolare, la prima consiste nel prestare attività di consulenza in materia di contratti assicurazione, proporre i medesimi, nonché compiere altri atti preparatori relativi alla conclusione di quest'ultimi; la seconda invece riguarda l'attività di conclusione dei contratti assicurativa ovvero di collaborazione alla gestione ed esecuzione degli stessi una volta stipulati.
È stato dunque sempre più ampliato l'ambito dell'attività di distribuzione assicurativa e riassicurativa, che non è più limitato alla presentazione e alla conclusione del contratto-prodotto assicurativo, in quanto si fa riferimento anche all'attività di consulenza, nonché di collaborazione, gestione ed esecuzione delle obbligazioni che scaturiscono dal contratto.
In questo quadro, può diventare più frequente il ricorso all'attività del subagente ma aumenta anche la correlata necessità di garantire una maggiore tutela per i consumatori che sempre più spesso si rivolgono direttamente al subagente.
Gli intermediari assicurativi non iscritti nel Registro di cui all'art. 109 cap incorrono nelle sanzioni previste dagli artt. 305, 308 e 331 cap.
Il contratto stipulato dall'agente non iscritto nel Registro dovrebbe, invece, ritenersi nullo per illiceità della causa, senza poter essere convertito, ai sensi dell'art. 1424 c.c., in un contratto di procacciamento degli affari poiché ciò equivarrebbe all'elusione della legge.
Di conseguenza, all'agente abusivo non spetterebbe alcun compenso così come al suo subagente, anche se tale conseguenza appare in concreto iniqua, in quanto finirebbe per favorire il preponente che si avvale dell'opera altrui.
Pertanto, in questo caso, potrebbe trovare applicazione in favore del subagente l'azione di arricchimento senza causa di cui all'art. 2041 c.c.
L'IVASS può negare l'iscrizione così come disporre la cancellazione o la eventuale reiscrizione e il passaggio ad altra sezione del Registro. Contro i provvedimenti di diniego e di cancellazione è ammesso il ricorso giurisdizionale al giudice amministrativo.
Degna di particolare nota, in questa sede, è l'introduzione dell'obbligo di inserire i subagenti nella copertura assicurativa dell'intermediario per il quale operano.
Ai sensi dell'art. 24 del Regolamento n. 40/2018, i soggetti di cui agli artt. 22 de 23 – persone fisiche e società – sono inclusi nella copertura assicurativa stipulata dall'intermediario per il quale operano, iscritto nelle sezioni A, B o F, ovvero nell'Elenco annesso, che deve provvedere ad attestare tale inclusione nella domanda di iscrizione. Tale copertura assicurativa – precisa il secondo comma – si estende altresì all'attività dei collaboratori e dipendenti – e, dunque, anche a quella dei subagenti – degli iscritti nella sezione E che operano esclusivamente all'interno dei locali di quest'ultimi.
L'IVASS verifica annualmente l'osservanza dell'obbligo di possesso della copertura assicurativa, anche attraverso controlli direttamente presso le imprese che la hanno fornita, provvedendo secondo quanto previsto dall'art. 30 del Regolamento alla cancellazione dal Registro degli intermediari inadempienti.

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