Responsabilità amministratori: corretta la liquidazione del danno in base alla differenza attivo passivo
Nell'azione proposta dal curatore per la responsabilità degli amministratori nel fallimento, è corretto quantificare il danno, tenendo presente la dispersione di elementi dell'attivo patrimoniale e il colpevole protrarsi dell'attività produttiva che genera ulteriori debiti per la società. Né la legittimità del criterio è smentita dal fatto che l'importo oggetto di liquidazione, sulla base di tali criteri, sia poi ridotto, fissandolo nella differenza tra il passivo e l'attivo fallimentare, in virtù del limite della pretesa fatta valere. La Corte di cassazione, con la sentenza 21730, respinge il ricorso degli amministratori della società fallita che contestavano sia l'esistenza di una prova che il danno subito dalla società fosse collegato alle loro condotte, sia i criteri di liquidazione.
Per la Cassazione però la via seguita è corretta. Nella quantificazione si era tenuto conto del depauperamento del patrimonio della società fallita, a causa della cooperazione dolosa o comunque gravemente colposa dei ricorrenti, già condannati per bancarotta fraudolenta, per la distrazione di elementi attivi del patrimonio sociale: poste la cui destinazione era rimasta sconosciuta, perché non risultavano impiegate né per l'acquisto di beni aziendali né per il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti. Ad aumentare il pregiudizio era stato anche il debito accumulato per le retribuzioni dovute ai lavoratori, ammessi al fallimento. Dipendenti rimasti in servizio e non licenziati, anche dopo la cessazione dell'attività della fallita perché impiegati presso una seconda società che lavorava in stretta cooperazione con la fallita e della quale uno dei ricorrenti deteneva significative quote sociali.
Entrambe le condotte sono state legittimamente considerate ai fini della quantificazione del danno. “A nulla rilevando – si legge nella sentenza – che l'importo oggetto di liquidazione sulla base di tali criteri sia ridotto a minor somma, nella specie corrispondente alla differenza tra attivo e passivo fallimentare, in ragione del limite quantitativo della pretesa fatta valere”
Corte di cassazione – Sezione I Ordinanza 8 ottobre 2020 n.21730
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