Lavoro

Responsabilità datoriale, dai protocolli il paracadute

Due convegni sul tema a cura dell’Ispettorato e dei consulenti del lavoro

di Mauro Pizzin

L’applicazione della sorveglianza sanitaria eccezionale sui soggetti fragili e il rispetto dei protocolli specifici richiamato dall’articolo 29 bis del decreto Liquidità (Dl n. 23/2020) dovrebbero far dormire sonni tranquilli al datore di lavoro sul fronte della responsabilità da rischio Covid-19. Così come non dovrebbe potersi configurare nessuna responsabilità per le aziende che adottino il protocollo per la vaccinazione in azienda del 6 aprile, basandosi sull’adesione volontaria dei lavoratori.

Sono alcune delle valutazioni emerse nel webinar intitolato “Sicurezza del luogo di lavoro e obbligatorietà (presunta) della vaccinazione”, organizzato ieri pomeriggio nell’ambito del Festival del lavoro. Spunti di riflessione che si incrociano con quelli emersi in un convegno online sulla “Valutazione dei rischi, profilassi vaccinale, protocolli covid-19, infortuni sul lavoro”, organizzato alcune ore prima dall’Ispettorato nazionale del lavoro. I riflettori in entrambi i casi sono stati puntati sul tema della valutazione dei rischi nel contesto pandemico, in cui giuslavoristi e penalisti si sono spesso trovati in disaccordo sul tema della responsabilità datoriale per rischi nuovi multifattoriali.

L’avvocato Maria Giovannone, ricercatrice all’università Roma Tre, ha ricordato come sull’aggiornamento del Documento di valutazione dei rischi, alla luce dell’emergenza epidemica, abbia prevalso la tesi secondo cui l’obbligo sussiste solo per settori con rischio biologico specifico, come quello sanitario, proprio perché questa tipologia di rischio riguarda tutta la popolazione. «In questo contesto - ha aggiunto - i protocolli anti Covid siglati dalle parti sociali rappresentano un primo importante esempio di tecnica regolatoria, muovendo su una ratio precauzionale autonoma rispetto alla disciplina prevenzionistica del Dvr».

Si tratta di una posizione su cui ha concordato fin da subito Confindustria, come ha sottolineato il dirigente dell'area Lavoro, welfare e capitale umano dell’organizzazione, Fabio Pontrandolfi, secondo cui «la linea è quella della precauzione, profondamente diversa da quella della prevenzione, dove spettano al Governo tanto l’uniforme valutazione dei rischi quanto l’adozione delle conseguenti misure comuni con norme, dpcm e circolari, nella consapevolezza che ci troviamo ad affrontare, al netto del settore sanitario, un rischio di natura non professionale, ma biologico generico, ragion per cui le imprese hanno l'obbligo di adeguarsi alle disposizioni dell’emergenza senza spazio per una propria autonoma valutazione».

Pontrandolfi ha toccato anche il tema del lavoro agile, «fondamentale in questo periodo quale misura utile e modulabile di precauzione ma anche in prospettiva», invitando, sul fronte della sicurezza, a «non regolarlo con gli stessi occhiali del Dlgs 81/2008, che si fonda sulla postazione di lavoro in azienda e sull’orario di lavoro tradizionale, elementi che, per legge, mancano nel lavoro agile».

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