Penale

Responsabilità degli enti: la "colpa di organizzazione" non va sovrapposta alla colpevolezza dell'amministratore

Lo precisa la Cassazione con la sentenza 18413/2022

di Pietro Alessio Palumbo

Secondo la disciplina sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti l'illecito amministrativo a carico del soggetto collettivo si configura quando la commissione del reato presupposto da parte delle persone fisiche che agiscono per conto dell'ente sia funzionale ad uno specifico "interesse" o "vantaggio" a favore dell'ente stesso. A ben vedere si tratta di concetti alternativi e concorrenti tra loro, in quanto l'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo. Il vantaggio ha, invece, una connotazione
essenzialmente oggettiva, come tale valutabile sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito. La struttura dell'illecito addebitato all'ente risulta incentrata sul reato presupposto, rispetto al quale la relazione funzionale corrente tra reo ed ente e quella teleologica tra reato ed ente hanno unicamente la funzione di "irrobustire" il rapporto di immedesimazione organica, escludendo che possa essere attribuito alla persona morale un reato commesso dal soggetto incardinato nell'organizzazione per fini estranei agli scopi di questo. In altre parole l'ente risponde per un fatto proprio e non per un fatto altrui; ma ciò a ben vedere non pone al riparo da possibili profili di responsabilità meramente oggettiva, sicché è necessario che sussista la cosiddetta"colpa di organizzazione dell'ente", ossia il non avere predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato. Il riscontro di un tale "insufficienza organizzativa" consente una agevole imputazione all'ente dell'illecito realizzato nel suo ambito operativo. Con la recente sentenza n.18413/2022 la Corte di Cassazione ha chiarito che l'assenza del modello organizzativo, la sua inidoneità o la sua inefficace attuazione non sono elementi costitutivi dell'illecito dell'ente. Tali sono, oltre alla compresenza della relazione organica tra il soggetto responsabile del reato presupposto e l'ente – la cosiddetta "immedesimazione organica rafforzata" - la colpa di organizzazione, il reato presupposto ed il nesso causale che deve correre tra i due. E si badi – evidenzia la Suprema Corte - grava sull'accusa l'onere di dimostrare l'esistenza e l'accertamento dell'illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella compagine organizzativa e che abbia agito nell'interesse di questa. Tale responsabilità si estende "per rimbalzo" dall'individuo all'ente collettivo, nel senso che vanno individuati i "precisi canali" che colleghino teleologicamente l'azione dell'uno all'interesse dell'altro e, quindi, gli elementi indicativi della colpa di organizzazione dell'ente, che rendono autonoma la responsabilità del medesimo.

La colpa di organizzazione
Si tratta di una lettura che attribuisce al requisito della "colpa di organizzazione" dell'ente la stessa funzione che la colpa assume nel reato commesso dalla persona fisica, quale elemento costitutivo del fatto tipico, integrato dalla violazione "colpevole" ossia rimproverabile della regola di cautela. In tal modo il ruolo stesso della colpa di organizzazione e l'assimilazione della stessa alla colpa, intesa quale violazione di regole cautelari, produce che la mancata adozione e l'inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell'illecito dell'ente ma integra una circostanza atta a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione; la quale va però specificamente provata dall'accusa, mentre l'ente può dare dimostrazione della assenza di tale colpa.

Il caso esaminato
Nella vicenda i giudici di merito avevano fondano la responsabilità dell'ente sulla mancanza del modello organizzativo e sul conseguente risparmio di spesa quale tempo lavorativo da dedicare alla sua predisposizione ed attuazione, richiamando, genericamente, ulteriori voci di possibile risparmio di spesa. Ebbene secondo la Suprema Corte l'affermata mancanza del modello organizzativo non può costituire elemento tipico dell'illecito, per la cui sussistenza occorre invece fornire concreta e tangibile dimostrazione della sussistenza di una "colpa di organizzazione" dell'ente. In tale prospettiva l'elemento finalistico della condotta dell'agente deve essere conseguenza non tanto di un atteggiamento soggettivo proprio della persona fisica quanto di un preciso assetto organizzativo "negligente" dell'impresa, da intendersi in senso normativo, perché fondato sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente all'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo. Emerge l'esigenza che la colpa di organizzazione sia rigorosamente provata e non confusa ovvero sovrapposta con la colpevolezza del dipendente o amministratore dell'ente responsabile.

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