Lavoro

Responsabilità solidale negli appalti: l'azione di recupero contributivo non è soggetta al termine di decadenza biennale

Nell'ordinanza in commento la conferma dell'orientamento di legittimità teso a differenziare i termini applicabili alle azioni spettanti ai dipendenti impiegati nell'appalto e quelli invece regolanti le azioni di recupero contributivo spettanti all'INPS

di Vittorio De Luca e Stefania Raviele*

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 38151 del 30 dicembre 2022 , è tornata a pronunciarsi in tema di responsabilità solidale negli appalti, confermando il proprio indirizzo secondo cui il termine di decadenza biennale previsto dall'art. 29, comma 2, D. Lgs. 276/2003 non troverebbe applicazione relativamente all'obbligazione contributiva.

Ad oggi, sulla base del tenore letterale della diposizione normativa in questione, i committenti restano obbligati in solido con gli appaltatori per le retribuzioni, le quote di TFR nonché per i contributi previdenziali ed i premi assicurativi, restando escluse le sole sanzioni civili. L'obbligazione solidale permane, per espressa previsione di legge per un periodo di due anni decorrenti dalla cessazione dell'appalto.

Quello sopra descritto è un vero e proprio termine di decadenza.

Nel corso del 2011 e del 2012, tanto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali quanto l'INPS avevano fornito indicazioni sulla portata di tale disposizione, sposando un'interpretazione letterale della norma e riconoscendo come assoggettata al termine di decadenza biennale anche l'azione di recupero contributivo a carico dell'ente previdenziale.

Secondo le Istituzioni in parola, in pratica, il termine di decadenza biennale si sarebbe dovuto applicare anche alle pretese creditorie dell'INPS nei confronti del responsabile in solido. Decorso il biennio, l'Ente avrebbe pertanto potuto soddisfare la propria pretesa creditoria solo nei confronti dell'obbligato principale entro il termine di prescrizione di cinque anni.

A partire dal 2019, invece, in ambito giurisprudenziale ha iniziato a svilupparsi un orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità teso a differenziare i termini applicabili alle azioni spettanti ai dipendenti impiegati nell'appalto e quelli invece regolanti le azioni di recupero contributivo spettanti all'INPS.

Tale orientamento, in particolare, pur riconoscendo la stretta connessione esistente tra l'obbligazione contributiva e quella retributiva, ritiene che i termini applicabili alle azioni siano diversi in quanto diversi sono i soggetti legittimati ad agire.

Per tale orientamento, dunque, le azioni esperibili dai lavoratori impiegati nell'appalto rientrerebbero a pieno titolo nell'ambito di applicazione del termine di decadenza di cui all'art. 29, D. Lgs. 276/2003 e dunque sarebbero da esperire entro e non oltre due anni dalla cessazione del contratto di appalto; mentre quelle di recupero contributivo, spettanti all'INPS, sarebbero assoggettate, anche nei confronti dei responsabili in solido, al solo termine di prescrizione quinquennale.

La recente ordinanza di dicembre conferma pienamente tale indirizzo, adducendo che una diversa interpretazione finirebbe per porre il lavoratore in una situazione di svantaggio nel caso in cui a fronte della sua tempestiva azione per l'ottenimento della retribuzione potrebbe - in mancanza di azione dell'ente entro il biennio - non ritrovarsi la copertura contributiva.

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*A cura di Vittorio De Luca e Stefania Raviele, De Luca & Partners

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