Responsabilità solidale quando le singole azioni concorrono a produrre il danno
In tema di risarcimento del danno per fatto illecito, l'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex articolo 2727 del codice civile, una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima e il superstite non convivessero, né che fossero distanti. Nei casi suddetti per la Cassazione (sentenza 26614/2019) è pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo. Il danno può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva e in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà del rapporto di convivenza e alla gravità delle ricadute della condotta.
Come già stabilito nella sentenza n. 8372/2014, la Corte di cassazione ha ritenuto che, in tema di infortuni sul lavoro, quando un danno di cui si chiede il risarcimento è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell'evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell'articolo 1294 del Cc fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di essi è chiamato a rispondere, dal momento che, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone, è sufficiente, ai fini della responsabilità solidale, che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalità e il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni da risarcire.
Cassazione – Sezione Lavoro – Sentenza 18 ottobre 2019 n. 26614