Società

Revocatoria sul compenso del liquidatore

Il liquidatore unico deve restituire il compenso per la sua attività pagato dalla società, poi fallita, quando era in crisi economica

di Patrizia Maciocchi

Il liquidatore unico deve restituire il compenso per la sua attività pagato dalla società, poi fallita, quando era in crisi economica. La Cassazione (ordinanza 26244) respinge la tesi del professionista, secondo il quale il pagamento non poteva essere revocato sostanzialmente per due motivi. Il primo era che la prestazione poteva rientrare nel raggio d’azione dell’articolo 67, comma 3 della legge fallimentare, che esclude dalla revocatoria i pagamenti in favore di dipendenti e collaboratori, anche non subordinati. La seconda ragione stava nei benefici che l’attività del liquidatore comporta, in concreto per l’attivo fallimentare. Compensi che, precisa la difesa, «si autogeneravano a mo’ di success fee, come parte (25%) dell’attivo che il liquidatore stesso andava a recuperare, evitandone la dispersione». Il beneficio apportato alla massa dei creditori doveva portare dunque a sgombrare il campo dalla presunzione di dannosità affermata dai giudici di merito.

La Suprema corte smonta però entrambe le tesi a sostegno della legittimità del pagamento.

I giudici di legittimità precisano, infatti, che l’esenzione invocata, è prevista a favore dei soggetti che lavorano nell’impresa, senza incidere nelle scelte aziendali e, in particolare, su quelle che riguardano la priorità dei pagamenti da eseguire.

Scelte che amministratori e liquidatori fanno e non subiscono.

Non passa neppure l’argomento dei pagamenti che non impoverivano la società perché si «autogeneravano come parte dell’attivo».

Ai fini della revocatoria fallimentare la causa del danno è, infatti, individuata nella semplice lesione del principio di parità tra creditori.

Né il ricorrente poteva negare di aver avuto sentore delle difficoltà economiche di una compagine che aveva 18 contenziosi con i dipendenti avviati alla fase finale, 70 vertenze in contestazione stragiudiziale, 100 cause pendenti davanti al giudice del lavoro, tre istanze di fallimento presentate dai lavoratori.

Chiaramente il pagamento era stato fatto in un periodo sospetto ed era lecito chiedere la restituzione.

Una regola che trova un’ eccezione nell’interesse superiore per l’impresa, tale da far scattare un’esenzione tesa a favorire «la conservazione dell’impresa nell’ottica di uscita dalla crisi». È il caso, ad esempio, dei pagamenti ai fornitori, purché fatti secondo i termini d’uso e per negozi direttamente riconducibili all’attività di impresa. La Cassazione ricorda comunque che la revocatoria non riguarda il contratto con il liquidatore ma è limitata al pagamento.

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