Lavoro

Ricongiunzione in uscita dei contributi versati alla Gestione Separata INPS, nuova sentenza del Tribunale di Taranto ne statuisce la legittimità

Legittima la ricongiunzione in uscita di tutta la contribuzione maturata dal contribuente che - nel caso di specie - aveva versato quote contributive alla Gestione Separata INPS, alla Gestione Lavoratori Dipendenti ed anche a quella relativa ai lavoratori della Pubblica Amministrazione

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di Francesco Andrea Falcone*


Il tema della ricongiunzione in uscita dei contributi versati alla Gestione Separata da parte del contribuente in favore, in particolare, di alcune casse privatistiche è un tema assai dibattuto e complesso per via di una serie di limitazioni della legge istitutiva della Gestione Separata mai colmate nel tempo se non da alcune recenti sentenze della Corte Costituzionale prima e della Corte di Cassazione poi.

In particolare la sua statuizione disciplinata dalla legge 335 del 1995, Legge di Riforma del Sistema Pensionistico Dini, non aveva previsto alcuna forma di ricongiunzione in uscita potendosi applicare in sede di maturazione del diritto alla pensione solo l'istituto della totalizzazione o quello del cumulo.

La banale conseguenza di questa omissione normativa è quella per cui coloro i quali si sono trovati negli anni ad accumulare contributi nella Gestione Separata INPS e successivamente hanno iniziato a versare in altre casse di previdenza, in particolare quelle privatistiche legate alle professioni ordinistiche italiane, hanno maturato una contribuzione mista la cui ricongiunzione è stata sempre opposta dall'Istituto, impedendo che il contribuente potesse accedere ai benefici rinvenienti da una storia contributiva remota nel tempo.

Un caso tra questi riguarda per esempio la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Dottori Commercialisti che ha deliberato il passaggio al regime contributivo nel 2003, restando applicabile a tutta la fase precedente un regime più conveniente. Coloro i quali allora, avendo maturato contributi nella Gestione Separata INPS hanno col tempo richiesto di vederseli accreditare, mediante ricongiunzione in uscita, presso la propria cassa privatistica di appartenenza, hanno sistematicamente visto rigettarsi la richiesta, quando, molto più spesso, la stessa è rimasta inevasa dagli uffici dell'Istituto.

La criticità della questione si è resa particolarmente rilevante allorchè nella interpretazione della legge istitutiva della Gestione Separata INPS è specificatamente previsto che il diritto alla pensione si matura nella stessa gestione, compiuto un quinquennio di contribuzione. In assenza di tale anzianità minima in rischio che il contribuente corre, nel caso in particolare di una contribuzione mista, è quello di non vedersi riconoscere alcun emolumento dall'Istituto.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, che riguardava il caso di un dottore commercialista interessato ad ottenere la ricongiunzione dei propri contributi presenti in Gestione Separata ha sancito che l'opposizione promossa da INPS al trasferimento degli stessi verso la CNPADC era illegittima. L'Istituto aveva negato il diritto del contribuente sostenendo che per via della natura completamente contributiva del sistema previdenziale in essere, non esistevano ragioni sostenibili per procedere al trasferimento in uscita dei contributi.

La sentenza della Suprema Corte n.26039 del 2019 ha chiarito esplicitamente che il diritto del contribuente è meritevole di tutela, dopo aver richiamato la pronunzia della Corte Costituzionale n. 61 del 5 marzo 1990 la quale dichiarava costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione Italiana, gli artt. 1 e 2 della Legge 45/1990 – istitutiva della previdenza privatistica delle professioni ordinistiche – nella parte in cui non prevedono per i professionisti aderenti a forme privatistiche di previdenza il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi in termini tali per cui la ricongiunzione possa porsi come opzione rispetto ad altri istituti – totalizzazione o cumulo appunto – che consentano il medesimo obbiettivo di utilizzo della contribuzione.

L'1 febbraio 2021 anche il Tribunale di Taranto, Sezione Lavoro, con sentenza n.229 pronunciata in composizione monocratica dal Giudice dott.ssa Maria Leone giunge ad analoghe conclusioni in un caso analogo a quello rappresentato in precedenza ordinando all'Istituto di provvedere alla ricongiunzione in uscita di tutta la contribuzione maturata dal contribuente che aveva versato quote contributive alla Gestione Separata INPS, alla Gestione Lavoratori Dipendenti ed anche a quella relativa ai lavoratori della Pubblica Amministrazione.

Nel caso in questione il cittadino, difeso dall'Avvocato Edmondo Ruggiero del Foro di Taranto, presentava una contribuzione mista e chiedeva ad INPS che tutti gli accantonamenti effettuati nelle diverse casse fossero ricongiunti anche in questo caso in favore della CNPADC.

L'Istituto si opponeva alla richiesta sostenendo che l'istanza effettuata dal cittadino, per il tramite della CNPADC, non si era formata completamente essendo essa stata trasmessa dalla Cassa dei Dottori Commercialisti via pec all'indirizzo della Direzione Provinciale INPS di competenza senza l'uso di una procedura telematica interna all'Istituto, in verità utilizzabile sono per la ricongiunzione in entrata presso lo stesso.

L'Istituto ulteriormente rimarcava l'insussistenza del diritto del contribuente ad ottenere la ricongiunzione in uscita nuovamente sottolineando che la persistenza di un generale sistema contributivo a cui riferirsi ne impediva di fatti il diritto.

Il contribuente rimarcava al giudice l'infondatezza delle eccezioni sollevate dall'Istituto evidenziando che la procedura attuata da CNPADC è corretta e non esisteva alcuna altra forma di adempimento da rendere nei confronti di INPS che il contribuente non avesse rispettato.

Il Giudice del Lavoro inoltre sosteneva la fondatezza del richiamo alla sentenza della Suprema Corte 26039 del 2019 che anche in questo caso trovava corretta applicazione anche e soprattutto considerando che il contribuente aveva raggiungo il diritto alla maturazione della pensione in tutte le gestioni INPS nelle quali aveva versato contributi, inclusa la Gestione Separata.

Condannava infine l'Istituto a procedere al rilascio in uscita di tutta la contribuzione da questi versata nel corso degli anni.

Si tratta di una ulteriore conferma estremamente utile per una vasta casistica di soggetti, oltre la singola fattispecie degli aderenti alla CNPADC. Lo stesso principio è infatti applicabile in senso estensivo a tutti i professionisti iscritti a casse privatistiche e che nel corso della loro vita hanno avuto periodi contributivi nelle gestioni INPS contemporaneamente o in sostituzione a quelle private.

Sul punto è importante rilevare che appena un anno prima, il 24.02.2020 in audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sulla attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, il Presidente dell'Istituto aveva espresso l'orientamento generale di INPS proprio in riferimento alla statuizione della sentenza della Corte di Cassazione 26039 del 2019 riferendo che in assenza di una consolidata giurisprudenza di merito sulla questione il comportamento adottato dall'INPS sarebbe rimasto inalterato rispetto ad un potenziale perimetro di contenzioso limitato al solo fenomeno della ricongiunzione.

Una giurisprudenza che intanto va via via formandosi nelle Corti territoriali di competenza e che potrebbe trovare conferme ulteriori nei prossimi mesi.

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*Dottore Commercialista - Revisore Legale – Professional Partner de Il Sole24 Ore

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