Riduzione al 50% dell'aliquota IRES, l'intervento di AdE sull'applicazione agli enti religiosi civilmente riconosciuti
Commento alla circolare dell'Agenzia delle Entrate 15/e del 17 maggio 2022
A distanza di quasi diciassette anni l'Agenzia delle entrate, con la circolare 15/E del 17 maggio scorso , torna ad occuparsi di un tema piuttosto spinoso e controverso rappresentato dall'applicazione della riduzione a metà dell'aliquota IRES ex articolo 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. L'ultimo documento di prassi al riguardo risale, infatti, alla risoluzione n. 91/E del 19 luglio 2005 che ha rappresentato per gli uffici le linee guida nell'attività di accertamento.
La circolare in commento interviene su tre comparti: quello degli Enti ospedalieri, quello delle fondazioni di origine bancaria ex D.lgs. 153/1999 e quello degli Enti religiosi civilmente riconosciuti.
Scopo del presente contributo è quello di analizzare gli aspetti trattati in particolare per il comparto degli Enti religiosi civilmente riconosciuti, sul quale da sempre sussistono le maggiori criticità applicative della norma.
Nella parte introduttiva riferita a tali enti, rubricata al punto 5) del documento di prassi, si ribadisce preliminarmente:
• l'equiparazione degli enti ecclesiastici a quelli aventi "finalità di beneficenza o di istruzione" poiché così stabilito dall'articolo 7, n. 3, della legge 25 marzo 1985, n. 121 (di ratifica dell'Accordo firmato il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929 tra lo Stato italiano e la Santa Sede);
• che l'esistenza del fine "di religione o di culto" rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente per la spettanza della agevolazione, in quanto il beneficio non è applicabile solo in ragione della qualificazione soggettiva dell'ente ma assume rilevanza anche l'elemento oggettivo, rappresentato dal tipo di attività svolta.
Ripercorrendo poi l'escursus normativo in base alle norme concordatarie, la circolare distingue gli enti religiosi tra quelli facenti parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari - per i quali enti opera una presunzione legale circa le finalità di religione o di culto perseguite – e altre persone giuridiche canoniche, le fondazioni e in genere gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa, per i quali il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell'articolo 16 della Legge 20.5.1985 n. 222.
Per entrambe le categorie di enti religiosi viene poi specificato che gli stessi, ai sensi dell'art. 15 Legge 20.5.1985 n. 222, possono svolgere "attività diverse da quelle di religione e di culto …che.. sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime".
La prima conclusione a cui giunge quindi la Circolare, che richiama peraltro in modo pressoché identico quanto già affermato nella Risoluzione del 2005, è che "le attività dirette ai fini di religione o di culto (ossia quelle «dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana») beneficiano dell'agevolazione in quanto attività "tipiche" degli enti ecclesiastici, mentre le "attività diverse" (ossia quelle di «assistenza, educazione e cultura e, in ogni caso, anche le attività commerciali o a scopo di lucro») scontano l'imposta in misura ordinaria."
Sul punto non può non osservarsi che, così argomentando, si finisce con il riconoscere indirettamente che l'agevolazione in commento non potrebbe mai trovare pratica applicazione posto che le attività "dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana", in quanto gratuite, sono per definizione estranee al concetto di produzione di qualsiasi tipo di reddito cui applicare l'imposta, seppur ridotta. Vedremo nel prosieguo che la Circolare stessa riconosce tale circostanza.
Sempre rifacendosi a quanto già affermato nella richiamato documento di prassi del 2005, si riconosce che il beneficio spetta, in via eccezionale e a determinate condizioni, anche per i redditi derivanti da attività "diverse", incluse quelle commerciali o a scopo di lucro, esercitate in maniera non prevalente o esclusiva, qualora si pongano in un rapporto di "strumentalità immediata e diretta" con i fini di religione o di culto.
Sul punto vengono richiamate alcune pronunce della Suprema Corte dalle quali la circolare "estrae" il seguente quadro sinottico:
"L'ente ecclesiastico
a) svolge un'attività commerciale in via "non prevalente" e in rapporto di "strumentalità diretta ed immediata" con i fini di "religione o di culto", per la quota di reddito ad essa riferibile, si applica l'aliquota ridotta;
b) svolge un'attività commerciale in via "non prevalente" ma in assenza di un rapporto di "strumentalità diretta e immediata" con i fini di "religione o di culto", per la quota di reddito riferibile alla stessa, non spetta l'aliquota ridotta;
c) svolge un'attività commerciale in via "prevalente" (idonea a comportare la perdita della qualifica di ente non commerciale), non spetta l'aliquota ridotta."
Appare da subito evidente che un tale inquadramento tende a "standardizzare" le possibili fattispecie e a precostituire le basi per il diniego della spettanza dell'agevolazione IRES al 50% quanto meno per le attività "commerciali". Infatti, allo stato attuale del contendere, la definizione di "strumentalità diretta ed immediata con i fini di religione e culto" così come il concetto di "prevalenza" dell'attività commerciale svolta rispetto a quella istituzionale rappresenta il vero fulcro dell'intera vicenda.
Fini qui, quindi, nulla di nuovo rispetto all'indirizzo preso nel 2005 da parte dell'Agenzia.
Ciò che rappresenta una novità, invece, è il paragrafo dedicato ai "Redditi derivanti dal godimento del patrimonio immobiliare"(§ 5.3).
Come sopra accennato, la Circolare riconosce che l'attività di "religione e culto" è per sua natura connotata dalla "gratuità" e che la stessa è resa comunque possibile dall'esistenza di mezzi economici che, di fatto, assumono valenza "sostitutiva" di redditi non realizzabili in virtù degli scopi istitutivi dell'ente.
Al riguardo, coerentemente con la ratio legis, ritiene che la disposizione recata dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973, in via di principio, possa applicarsi anche ai proventi derivanti dal mero godimento del patrimonio immobiliare (come nel caso di immobili ricevuti per lasciti e donazioni), purché tali proventi siano effettivamente ed esclusivamente impiegati nelle attività di "religione o di culto". In tal modo, i proventi conseguiti, nei limiti del reinvestimento effettivo, non sono utilizzabili per fini diversi da quelli di "religione o di culto ".
Conclude poi che, ragionando diversamente, la norma non realizzerebbe le proprie finalità, in quanto, essendo le attività religiose rese, come detto, prevalentemente a titolo gratuito, le stesse non potrebbero mai generare di per sé redditi, cui applicare il dimezzamento dell'aliquota.
Trattandosi di mero godimento del patrimonio immobiliare (in assenza di struttura organizzativa preordinata alla gestione del patrimonio stesso) la destinazione dei relativi proventi in via esclusiva e diretta alla realizzazione delle finalità istituzionali dell'ente, consente di ricondurre il reddito così ritratto al beneficio della riduzione di aliquota.
Le argomentazioni sviluppate sono senz'altro apprezzabili, visto che in passato l'Agenzia ha più volte disconosciuto l'applicabilità dell'agevolazione anche ai redditi di mero godimento degli immobili, ma, ancora una volta, la limitazione dell'impiego dei proventi derivanti da tale godimento esclusivamente nelle attività di religione e culto, ripropone tutti i dubbi e le incertezze nell'applicazione della norma sopra delineate.
Nel complesso, la prima impressione che si ritrae, è che la circolare miri a rafforzare le motivazioni a supporto degli uffici, che sono tenuti a conformarsi ai documenti di prassi, per disconoscere l'applicazione dell'agevolazione piuttosto che fornire un apprezzabile contributo a chiarire i numerosi aspetti critici che hanno finora caratterizzato l'applicazione della disposizione contenuta nell'art. 6 del D.P.R. 601/1973.
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*A cura di Gianluigi Bertolli, Partner Studio Bertolli & Associati