Famiglia

Rientro a scuola: i criteri dei giudici quando gli ex litigano sulle scelte

L’istituto va individuato d’intesa tra i genitori. In caso di disaccordo prevale la statale, ma con eccezioni

di Selene Pascasi

Oggi la scuola riprende nella maggior parte delle regioni. Ma dietro il rientro al suono della prima campanella c’è il percorso che ha portato a decidere quale istituto far frequentare ai figli. Un iter che può generare conflitti soprattutto tra i genitori separati, divorziati o comunque divisi. È del resto un tema che ne investe altri, dal tipo di educazione da impartire ai figli alle spese per il loro mantenimento.

E anche se il banco si “prenota” a gennaio, è spesso al momento del debutto d’anno scolastico - quando le decisioni diventano concrete - che si verificano le reali frizioni tra gli ex, da quelle “ideologiche” a quelle di portafoglio. Il punto di partenza è che la scuola va scelta di comune accordo tra i genitori, tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni dei figli. La responsabilità genitoriale, infatti, è esercitata da entrambi. Se però l’accordo non c’è, a decidere sarà il giudice (come prevede l’articolo 337-ter del Codice civile). Vediamo con quali criteri.

La scuola pubblica

Le pronuce dei giudici privilegiano, di base, l’istruzione pubblica, peraltro obbligatoria fino ai 16 anni, che non impone il pagamento di rette né l’adesione a orientamenti didattici e di impostazione religiosa o educativa su cui potrebbero sorgere contrasti. Così, se i genitori non raggiungono una decisione condivisa - e considerato che il consenso all’iscrizione riguarda soltanto il ciclo frequentato dai figli in quel momento (Tribunale di Roma, 33/2021) - il giudice opterà per la scuola statale, ritenuta la più idonea allo sviluppo culturale di ogni minore residente sul territorio (Tribunale di Treviso, 27 febbraio 2018).

Questo orientamento viene seguito anche se il bambino ha frequentato in precedenza un istituto privato, né rileva l’obiezione sollevata da un genitore sul fatto che le classi nella scuola pubbliche sono formate da una media di 25 alunni: numero, marca il Tribunale di Modena con decreto del 19 agosto 2020, del tutto normale e gestibile.

L’eccezione del «privato»

Nonostante il privilegio riconosciuto agli istituti pubblici, il giudice può autorizzare l’iscrizione alla scuola privata se le circostanze la rendono opportuna.

È stata accolta, per esempio, la preferenza per la scuola privata di una madre affidataria esclusiva di un bambino che, non potendo contare sull’aiuto del padre residente altrove, necessitava di un’organizzazione che offrisse attività ricreative extra per poter bilanciare gli orari di lavoro con la cura del piccolo (Tribunale di Verona, decreto 16 febbraio 2021).

L’ok a proseguire il percorso privato, avviato già da un anno, è arrivato dalla Cassazione (4060/2017) per una minore in grave difficoltà, per evitarle il trauma da spostamento nella scuola pubblica. Anche la sentenza 21553/2021 della Cassazione, nella diatriba tra i genitori, si pronuncia a favore dell’iscrizione alla scuola religiosa, già frequentata dai figli, per tutelare la continuità nella sfera sociale ed educativa e non aggiungere fratture in una fase già difficile.

Per il preminente interesse dei figli che guida i giudici (Sezioni Unite 11583/2019, Cassazione 21916/2019, Tribunale di Pesaro 8519/2020), si favorisce l’istruzione privata per fronteggiare fragilità (Tribunale di Milano, decreto 2 febbraio 2017) o difficoltà di apprendimento (Tribunale di Torino, ordinanza 25 agosto 2016).

E se la madre abbia iscritto il figlio a un istituto privato senza consultare l’ex, ma la sua scelta sia coerente con l’agiato tenore di vita familiare o con le abitudini e l’educazione impartite, scatta ugualmente il diritto al rimborso di una quota dei costi anticipati (Cassazione 5059/2021).

La volontà del minore

Spetta ai genitori progettare il piano formativo per i figli ma a pesare sulla decisione del giudice può essere anche l’opinione del minore, pure sotto i 12 anni. È del 6 aprile 2021 il decreto con cui il Tribunale di Verona asseconda il desiderio di un minore di frequentare la scuola statale, e non la privata scelta dalla madre, per mantenere i rapporti con alcuni compagni della primaria e muoversi da solo, conquistando autonomia.

L’ascolto dei figli minori, del resto, rientra tra le più importanti espressioni del loro diritto a essere informati dei provvedimenti che li riguardano, salvo che il giudice ritenga la loro audizione superflua o pregiudizievole.

Il reato

Risponde di falso - e il conflitto con l’altro genitore non rende il reato meno grave - la madre che, trasferitasi, finga di essersi munita del consenso del padre a iscrivere il figlio nella nuova scuola. E la condotta non può essere considerata lievemente offensiva perché riguarda figli minorenni in tenera età (Cassazione, 25941/2020).

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