Penale

Rifiuti, il deposito temporaneo va provato dal produttore

Quando il materiale supera i 30 metri cubi, non vanno superati i tre mesi di durata. Inoltre, lo stoccaggio deve avvenire nel luogo di produzione o in un’altra area collegata funzionalmente

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di Marco Pauletti

È il produttore dei rifiuti che deve provare la sussistenza delle condizioni di liceità del deposito controllato o temporaneo in considerazione della natura eccezionale di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria. A confermare questo importante principio è la Corte di cassazione, con la sentenza 15450/2023.

Nel caso in esame, il Tribunale dichiarava due imputati responsabili per il reato di gestione illecita di rifiuti (articolo 256, comma 1, lettera a, decreto legislativo 152/2006) per aver depositato, in modo incontrollato e senza autorizzazione, rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in 300 metri cubi di terre e rocce da scavo, provenienti dai lavori realizzati in forza di permesso di costruire sul terreno di proprietà dei titolari del permesso.

Gli imputati ricorrevano per Cassazione, lamentando, in sintesi, una pronuncia di condanna pur non essendo emersa dalle risultanze processuali la responsabilità penale al di là di ogni ragionevole dubbio.

I giudici della Suprema corte hanno respinto il ricorso. Secondo la Cassazione, se la difesa da un lato afferma che non sono state valutate adeguatamente le risultanze processuali le quali, ove analizzate, avrebbero fornito una versione dei fatti del tutto diversa rispetto a quella risultante dalla decisione di primo grado, dall’altro non riporta gli elementi che avrebbero dovuto condurre il giudice ad assolvere gli imputati per assenza della loro penale responsabilità. Infatti, in materia di gestione di rifiuti, per la giurisprudenza di legittimità l’onere della prova, relativamente alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito controllato o temporaneo (articolo 183, decreto legislativo 152/2006), grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (così anche Cassazione 35494/2016).

Il deposito temporaneo, in tema di gestione illecita di rifiuti e nell’ipotesi in cui questi superino – come accaduto nella vicenda esaminata – il volume di 30 metri cubi, si configura solo nel caso in cui il raggruppamento dei rifiuti e il loro deposito preliminare alla raccolta, ai fini dello smaltimento, non abbia avuto durata superiore a tre mesi. Nella vicenda invece si era protratto per un anno circa.

Inoltre, per essere considerato tale, il deposito deve essere necessariamente realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti o in altro luogo, collegato funzionalmente al primo, nella disponibilità del produttore. Diversamente, nel caso in esame, il deposito era ubicato sul terreno di proprietà degli imputati, che non risultava funzionalmente collegato al luogo di produzione delle terre e rocce da scavo.

Pertanto, poiché il deposito si era protratto per un periodo superiore ed era avvenuto in luogo diverso da quello di produzione, non poteva trovare applicazione nella specie la disciplina legislativa sul deposito temporaneo, con la conseguenza che doveva considerarsi illecito perché avvenuto in assenza di autorizzazione.

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