Rifiuto cure, potere al giudice tutelare
La Corte costituzionale (n. 144, 13 giugno 2019) esclude che il riconoscimento all'amministratore di sostegno (Ads) della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario in base alla legge 217/2019 includa, in assenza di disposizioni anticipate di trattamento (Dat), sempre anche il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita. La questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 4 e 5, della legge 219/2017 era stata sollevata dal giudice tutelare (Gt) del Tribunale di Pavia (ordinanza 24 marzo 2018) per violazione di diversi articoli della Costituzione: articoli 2, 13 e 32, in quanto, in assenza di Dat, la volontà di esercitare il diritto inviolabile e personalissimo di rifiutare le cure dovrebbe essere ricostruita in modo da salvaguardare la natura soggettiva del diritto medesimo, che sarebbe garantita solo con l'intervento di un soggetto terzo e imparziale qual è il giudice; articolo 3, in quanto sarebbe irragionevole prevedere l'autorizzazione del giudice per il compimento di atti attinenti la sfera patrimoniale e non per il rifiuto delle cure, sintesi ed espressione dei diritti alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione.
La Corte dichiara la questione infondata. La legge 219/2017 riconosce all'Ads la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario. Non si occupa invece del conferimento del potere di esprimere o no il consenso ai trattamenti sanitari di sostegno vitale, che rimane regolato dal Codice civile. L'esegesi dell'articolo 3, commi 4 e 5, dev'esser quindi condotta alla luce delle norme codicistiche che demandano al Gt l'incarico, gli atti che l'Ads ha il potere di compiere per il beneficiario e la periodicità con cui l'Ads deve riferire circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario (articolo 405, comma 5, nn. 3 e 6).
I giudici delle leggi, nel solco della sentenza 114/2019 in tema di donazione da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno («Il Sole 24 Ore», 14 maggio 2019) e di numerosi precedenti di Cassazione, ribadiscono che spetta al Gt il compito di individuare e circoscrivere i poteri dell'Ads, anche in ambito sanitario, nell'ottica di apprestare misure volte a garantire la migliore tutela della salute del beneficiario, tenendone in conto la volontà. La decisione del Gt sul conferimento del potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita dev'essere presa alla luce delle circostanze concrete e cliniche. In sintesi, l'Ads ha, di diritto, rappresentanza esclusiva in materia sanitaria, ma può esprimere il consenso o il rifiuto ai trattamenti sanitari solo se il relativo potere gli è stato conferito dal Gt. Attribuito questo potere, l'Ads non sembra debba essere ulteriormente autorizzato, anche se non può escludersi il solito effetto circolare in caso di disaccordo tra Ads e medico.
La normativa sul consenso informato assegna al Gt il compito di conferire all'Ads il potere di esprimere il consenso o il rifiuto ai trattamenti sanitari, ma la relazione di cura si svolge nel dialogo tra Ads e medico. È alla loro uniforme valutazione che è rimessa la verifica di appropriatezza e necessità delle cure. Non è richiesta un'ulteriore supervisione del Gt. Ma c'è caso e caso, fiducia e fiducia e non può escludersi che il Gt conferisca all'Ads il potere di esprimere il consenso o il rifiuto solo per determinati e specifici trattamenti, continuando così a sovraintendere le situazioni a venire. La Corte torna sull'importanza della persona. Invita a prendere in considerazione i dati clinici e la volontà: un'analisi non solo biologica, ma anche biografica. L'Ads è istituto duttile che va plasmato dal giudice sulle necessità del beneficiario.
Corte costituzionale - Sentenza 13 giugno 2019 n.144