Civile

Rifiuto cure, potere al giudice tutelare

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di Angelo Di Sapio e Daniele Muritano

La Corte costituzionale (n. 144, 13 giugno 2019) esclude che il riconoscimento all'amministratore di sostegno (Ads) della rappresentanza esclusiva in ambito sanitario in base alla legge 217/2019 includa, in assenza di disposizioni anticipate di trattamento (Dat), sempre anche il potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita. La questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 4 e 5, della legge 219/2017 era stata sollevata dal giudice tutelare (Gt) del Tribunale di Pavia (ordinanza 24 marzo 2018) per violazione di diversi articoli della Costituzione: articoli 2, 13 e 32, in quanto, in assenza di Dat, la volontà di esercitare il diritto inviolabile e personalissimo di rifiutare le cure dovrebbe essere ricostruita in modo da salvaguardare la natura soggettiva del diritto medesimo, che sarebbe garantita solo con l'intervento di un soggetto terzo e imparziale qual è il giudice; articolo 3, in quanto sarebbe irragionevole prevedere l'autorizzazione del giudice per il compimento di atti attinenti la sfera patrimoniale e non per il rifiuto delle cure, sintesi ed espressione dei diritti alla vita, alla salute, alla dignità e all'autodeterminazione.

La Corte dichiara la questione infondata. La legge 219/2017 riconosce all'Ads la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario. Non si occupa invece del conferimento del potere di esprimere o no il consenso ai trattamenti sanitari di sostegno vitale, che rimane regolato dal Codice civile. L'esegesi dell'articolo 3, commi 4 e 5, dev'esser quindi condotta alla luce delle norme codicistiche che demandano al Gt l'incarico, gli atti che l'Ads ha il potere di compiere per il beneficiario e la periodicità con cui l'Ads deve riferire circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario (articolo 405, comma 5, nn. 3 e 6).

I giudici delle leggi, nel solco della sentenza 114/2019 in tema di donazione da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno («Il Sole 24 Ore», 14 maggio 2019) e di numerosi precedenti di Cassazione, ribadiscono che spetta al Gt il compito di individuare e circoscrivere i poteri dell'Ads, anche in ambito sanitario, nell'ottica di apprestare misure volte a garantire la migliore tutela della salute del beneficiario, tenendone in conto la volontà. La decisione del Gt sul conferimento del potere di rifiutare i trattamenti sanitari necessari al mantenimento in vita dev'essere presa alla luce delle circostanze concrete e cliniche. In sintesi, l'Ads ha, di diritto, rappresentanza esclusiva in materia sanitaria, ma può esprimere il consenso o il rifiuto ai trattamenti sanitari solo se il relativo potere gli è stato conferito dal Gt. Attribuito questo potere, l'Ads non sembra debba essere ulteriormente autorizzato, anche se non può escludersi il solito effetto circolare in caso di disaccordo tra Ads e medico.

La normativa sul consenso informato assegna al Gt il compito di conferire all'Ads il potere di esprimere il consenso o il rifiuto ai trattamenti sanitari, ma la relazione di cura si svolge nel dialogo tra Ads e medico. È alla loro uniforme valutazione che è rimessa la verifica di appropriatezza e necessità delle cure. Non è richiesta un'ulteriore supervisione del Gt. Ma c'è caso e caso, fiducia e fiducia e non può escludersi che il Gt conferisca all'Ads il potere di esprimere il consenso o il rifiuto solo per determinati e specifici trattamenti, continuando così a sovraintendere le situazioni a venire. La Corte torna sull'importanza della persona. Invita a prendere in considerazione i dati clinici e la volontà: un'analisi non solo biologica, ma anche biografica. L'Ads è istituto duttile che va plasmato dal giudice sulle necessità del beneficiario.

Corte costituzionale - Sentenza 13 giugno 2019 n.144

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