Riforma Cartabia/8 - L'affidamento ai servizi sociali
Prosegue la carrellata sulle novità introdotte in materia di famiglia dalla riforma Cartabia
Il legislatore ha preso consapevolezza della trasformazione del ruolo del giudice nei rapporti con la famiglia e della necessità di disciplinare il compito dei servizi sociali, spesso affidatari di figli minorenni, e che fino ad oggi svolgevano funzioni con ampio margine di discrezionalità, avendo compiti endo ed extra processuali di valutazione, di sostegno, e di esecuzione.
Il diritto del minore a crescere nel suo ambiente familiare come pure gli strumenti dell'ascolto, il ruolo dell'avvocato del minore sono principi ormai assodati e devono orientare gli interventi socio-assistenziali alle famiglie ed un realistico sistema della loro attuazione.
L'articolo 28, comma 1, lettera d), del Dlgs 10 ottobre 2022, n. 149 ha inserito all'interno della Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Legge adozione), l'articolo 5-bis il quale dispone che: "Il minore può essere affidato al servizio sociale del luogo di residenza abituale, quando si trova nella condizione prevista dall'articolo 333 del codice civile e gli interventi di sostegno alla famiglia previsti dall' art. 1 della legge adozione si siano rivelati inefficaci o i genitori non abbiano collaborato alla loro attuazione."
Il Giudice in questi casi ha sempre l'obbligo di ascoltare direttamente il minore. Si ricorda sul punto che l'articolo 9-bis, inserito dalla legge di conversione 24 febbraio 2023, n. 14 del Decreto legge 29 dicembre 2022, n. 198, (Milleproroghe) ha statuito che: "In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, il divieto di delegare ai giudici onorari del tribunale per i minorenni l'ascolto del minore e l'assunzione delle testimonianze, previsto dall'articolo 473-bis.1, secondo comma, del codice di procedura civile, si applica ai procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023…" tenendo, comunque conto, che l'ascolto del minore deve avvenire in ogni caso nel rispetto delle modalità previste dall'articolo 473-bis.5 del codice di procedura civile.
L'affidamento ai servizi sociali è cosa diversa dall'affidamento familiare disciplinato dall' articolo 4, legge adozione. Tale norma nei suoi primi due commi, prevede due diverse forme di affidamento familiare: quello consensuale - che si ha tutte le volte in cui i genitori, od il genitore che esercita la responsabilità genitoriale, oppure il tutore, prestino il proprio consenso all'affidamento familiare del minore -; quello giudiziario, qualora tale consenso manchi. Comunque sia, in entrambi i casi si deve assicurare l'assistenza del minore durante il periodo di temporanea difficoltà della famiglia di ori gine. Ne consegue che all'affidamento giudiziario devono essere estese regole e modalità indicate espressamente per l'affidamento consensuale, prima, fra tutte, la necessaria indicazione del presumibile tempo di durata, nonché il limite massimo di ventiquattro mesi, anche e soprattutto al fine di non privare il minore di quelle garanzie che la legge appresta, in modo esplicito, per il provvedimento di affidamento consensuale (Moretti, Affidamento di minori, in Digesto civ., Agg., Torino, 2000, 45).
Questa conseguenza, nonostante la diversità strutturale fra affidamento familiare e affidamento ai servizi sociali, ha suggerito al legislatore della Riforma Cartabia la collocazione dell'articolo 5-bis subito dopo l'articolo 5 che disciplina i poteri e gli obblighi degli affidatari: in entrambi i casi, sia nel caso dell'affidamento ai servizi sociali sia nel caso dell'affidamento familiare, si ha un provvedimento strutturato e articolato con una serie di previsioni a garanzia dei principi del processo e del rispetto del best interest child.
L'articolo 5 - bis chiarisce, innanzitutto, che il minore può essere affidato al servizio sociale del luogo di residenza abituale, perché occorre tenere conto dell'ambiente sociale e familiare e della cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza comunitaria, salvaguardando in tal modo, il legame con la sua famiglia di origine per quanto è possibile.
Occorre poi la presenza di due presupposti:
a) della pronuncia di limitazione della responsabilità genitoriale ex articolo 333 cod. civ., duttile strumento di protezione del minore contro le violazioni dei genitori non così gravi da imporre la decadenza della responsabilità genitoriale;
b) della concreta inefficacia degli interventi di sostegno alla fam iglia.
L'esistenza di una pronuncia ex articolo 333 cod. civ. consente una maggiore garanzia del principio del contraddittorio perchè i servizi sociali prima operavano con ampia discrezionalità e senza garanzie giurisdizionali tipiche. E questo è certamente un buon approdo. Il contenuto del provvedimento ex articolo 333 cod. civ. che veniva adottato dal giudice non era indicato dalla legge, ma rimesso al suo prudente apprezzamento: era la dottrina che si premurava di individuare i limiti dell'intervento giudiziale:
1) nel perseguimento dell'interesse del figlio;
2) nella proporzione con la gravità del pregiudizio per quest'ultimo;
3) nella limitazione al campo dei rapporti relativi alla persona;
4) nel rispetto dell'autonomia dei genitori. (Bucciante, La potestà dei genitori. Disciplina, in Tratt. Rescigno, 4, III, Torino, 1982, 575).
Ma il punto più critico è il presupposto relativo agli interventi di sostegno che vanno attivati concretamente e conseguentemente dimostrare che si siano rivelati inefficaci, per impossibilità dei genitori di recuperare le proprie capacità genitoriali, ovvero che i genitori non abbiano collaborato, come richiede l'articolo5 bis della Legge adozione. Sorge spontaneo chiedersi come si farà questa verifica a fronte di una cronica carenza di personale, tralasciando che il procedimento si deve (rectius: dovrebbe) attuare dinanzi al Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie la cui entrata in vigore è prevista dal 17 ottobre 2024 all'1 gennaio 2030.
Quanto al contenuto del provvedimento che disporrà l'affidamento ai servizi sociali, il nuovo articolo 5-bis, comma 2, specifica che: "Con il provvedimento con cui dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, il tribunale indica:
a) il soggetto presso il quale il minore è collocato;
b) gli atti che devono essere compiuti direttamente dal servizio sociale dell'ente locale, anche in collaborazione con il servizio sanitario, in base agli interventi previsti dall' articolo 4, comma 3;
c) gli atti che possono essere compiuti dal soggetto collocatario del minore;
d) gli atti che possono essere compiuti dai genitori;
e) gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell'articolo 333, secondo comma, del codice civile;
f) i compiti affidati al servizio sociale ai sensi dell'articolo 5 bis, comma 2;
g) la durata dell'affidamento, non superiore a ventiquattro mesi;
h) la periodicità, non superiore a sei mesi, con la quale il servizio sociale riferisce all'autorità giudiziaria che procede ovvero, in mancanza, al giudice tutelare sull'andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto predisposto dal tribunale".
L'articolato contenuto del provvedimento mira a contenere quelle situazioni grigie che potrebbero verificarsi in relazione:
- al collocamento del minore (lettera a);
- ai poteri-doveri assegnati al collocatario del minore, ai servizi sociali e al curatore speciale nominato (lettere b c, ed f);
- agli spazi residui di responsabilità genitoriale (lettera e);
- alla limitazione a ventiquattro mesi della presa in carico del minore da parte dei servizi sociali, fermo restando l'obbligo dei servizi sociali di interloquire con l'autorità giudiziaria sull'andamento degli interventi a sostegno della famiglia, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto di recupero della famiglia predisposto (dai servizi sociali e) dal tribunale.
E' intuitivo che un provvedimento di affidamento carente dell'indicazione della "durata" potrebbe dare vita ad un affidamento volto non tanto a tutelare i minori che si trovano in una situazione di criticità, ma a favorire un allontanamento definitivo dalla famiglia. Da qui la necessità di prevedere "un tempo dell'affidamento", una regolazione degli spazi della genitorialità e dei compiti sia del curatore sia dei servizi sociali, esattamente come succede nei casi di affidamento consensuale e giudiziale regolati dagli articoli 4 e 5 della Legge adozioni.
Sulla carta tutto dovrebbe ruotare intorno ad un marcato controllo del Giudice affidando agli altri soggetti, un ruolo di meri esecutori.