Responsabilità

Riforma Fornero, danno morale escluso per gli "esodati"

Il tribunale di Roma precisa che il contenuto di una legge e la sua comunicazione mediatica sono atti insindacabili

di Andrea Alberto Moramarco

Gli "esodati" della riforma Fornero non hanno diritto ad ottenere un risarcimento del danno morale per i pregiudizi subiti dalla normativa previdenziale, consistenti in disagio, fastidio e stress dovuti da tale nuova situazione. Il contenuto di una disciplina legislativa e la sua comunicazione mediatica sono, infatti, degli atti insindacabili che non possono costituire un illecito. Questo è quanto si afferma nella sentenza del Tribunale di Roma n. 4382/2020, nella quale si sottolinea, ad ogni modo, come il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale debba essere ancorato ad un pregiudizio serio e grave.

Il caso - La singolare richiesta di risarcimento viene presentata da un gruppo di soggetti, i quali esponevano di far parte della categoria degli "esodati" della riforma Fornero. Costoro ritenevano che la riforma previdenziale adottata durante il governo Monti fosse discutibile nel merito e che il ministro del Lavoro avesse tenuto nei loro confronti una condotta irriguardosa sul piano della gestione informativa, soprattutto attraverso i mass media. Per tali motivi chiedevano un risarcimento per danno morale da stress, ansia e angoscia, pari a 10 mila euro ciascuno, con la promessa di devolvere il liquidato in favore di un ente avente come scopo la tutela dei soggetti "esodati" più deboli. Il ministero del Lavoro, citato in giudizio, si difendeva sottolineando l'indeterminatezza e l'infondatezza delle domande.

La decisione - Il Tribunale ritiene che la causa sia validamente intentata sotto il profilo della legittimazione (gli "esodati"), della causa petendi (la riforma Fornero) e del petitum (la domanda di risarcimento), ma – ovviamente - rigetta la domanda risarcitoria. Ebbene, il giudice si sofferma due aspetti: il contenuto della legge e la presunta mala gestio informativa. Quanto al primo punto, il Tribunale ricorda che la normativa è «frutto di una scelta insindacabile che rientra nell'ambito della discrezionalità legislativa, che, come tale, può essere impugnata sotto il profilo della legittimità costituzionale, ovvero ingenerare contenzioso nel merito in sede giurisdizionale in relazione a singole posizioni, ma non può costituire un illecito». E lo stesso vale anche per il profilo mediatico e comunicativo, il quale rientra in un comportamento politico che, come tale, non può dar luogo al risarcimento del danno.
Ciò posto, a scanso di ogni equivoco, il giudice ricorda che il risarcimento del danno non patrimoniale non può consistere in disagio, fastidio, ansia o disappunto, ma si configura, come da tempo previsto dalla giurisprudenza, «nei casi di reato o previsti dalla legge, ovvero in ipotesi di lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente qualificati, nonché in presenza di una offesa grave e di una lesione seria». Nella fattispecie, assodato che il comportamento del Ministero non può considerarsi illecito, lo stress e il disagio nutrito dagli attori sono «sentimenti comprensibili e connaturati alla vicenda, ma che sono tollerabili e non possono integrare un danno serio e grave».

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