Riforma della giustizia, inappellabilità del Pm ma solo per i casi lievi
Sul punto del potere d’impugnazione del pm, l’intervento prova a non eludere la sentenza della Corte costituzionale con la quale, nel 2007, venne dichiarata l’illegittimità della legge che cancellava la possibilità per la pubblica accusa di impugnare in appello le sentenze di assoluzione e proscioglimento
Rispunta l’inappellabilità del pubblico ministero, con una riedizione della ormai proverbiale legge Pecorella. È questa una delle novità dell’ultima ora inserite nel testo del disegno di legge con il primo pacchetto di misure di riforma della giustizia stasera sul tavolo del consiglio dei ministri. Sul punto del potere d’impugnazione del pm, l’intervento prova a non eludere la sentenza della Corte costituzionale con la quale, nel 2007, venne dichiarata l’illegittimità della legge che cancellava in maniera generalizzata la possibilità per la pubblica accusa di impugnare in appello le sentenze di assoluzione e proscioglimento.
Ora il ministero della Giustizia si propone di arrivare al medesimo risultato non per tutte le assoluzioni e per tutti i reati, ma solo di minore gravità, identificati tecnicamente con quelli a citazione diretta e cioè quelli punti con una reclusione non superiore nel massimo a 4 anni. Una misura che quindi non sarebbe generalizzata e comunque bilanciata dalla limitazione dei poteri di appello dell’imputato introdotti da pochi mesi dalla riforma del processo penale.
Sul piano sostanziale invece il disegno di legge da una parte abroga dal Codice l’abuso d’ufficio, dall’altra limita la rilevanza penale delle condotte nel traffico d’influenze. La scelta, più drastica e fortemente voluta dal ministro Carlo Nordio, di cancellare l’abuso d’ufficio, viene argomentata con la necessità di restituire serenità agli amministratori pubblici a fronte di numeri eloquenti: migliaia di iscrizioni nel registro degli indagati e pochissime condanne (nel 2021, sono state 4.745 le iscrizioni e 18 le condanne in primo grado).
Quanto alle forti perplessità espresse dalla magistratura, da ultimo nelle audizioni in corso in commissione alla Camera, il ministero sottolinea piuttosto una serie di elementi che vanno dalla conservazione di un adeguato sistema repressivo di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione (dagli illeciti in materia di falsità, ai reati come omissione atti di ufficio, corruzione, peculato, concussione; fino a tutti i reati comuni, puniti più gravemente se il fatto è commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri relativi ad un pubblico servizio), integrato da misure di natura amministrativa e dal ruolo dell’Anac.
Pochi timori dimostra il Governo di frizioni con la Commissione europea: l’intervento è stato illustrato pochi giorni fa dallo stesso Nordio al commissario Didier Reynders e misure specifiche potranno essere adottate in futuro anche su indicazione dell’Unione europea.
Per quanto riguarda il traffico d’influenze, il disegno di legge punta a meglio definire la nozione di mediazione illecita, tenendo presenti anche le più recenti indicazioni della Cassazione: la mediazione è illecita quando finalizzata a far compiere un reato ad un pubblico ufficiale.
Viene mantenuta l’ipotesi della mediazione consistente nella costituzione di una provvista in conto corruzione, ed è eliminata la millanteria. Sul piano sanzionatorio, viene elevato il minimo della pena, da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi.
Le misure cautelari personali, in particolare il carcere preventivo costituisce poi un’altra parte rilevante del provvedimento. Si introduce il principio del contraddittorio preventivo nei casi in cui, per il tipo di reato o per la concretezza dei fatti, durante le indagini preliminari non è indispensabile procedere senza preavviso. Così si prevede l’interrogatorio dell’indagato prima di disporre la misura, con deposito preventivo degli atti e la facoltà della difesa di averne copia. Arricchito di conseguenza il catalogo delle nullità per il mancato rispetto delle norme introdotte.
La decisione sul carcere preventivo (non sugli arresti domiciliari), la più invasiva delle misure cautelari, sarà sempre assunta da un collegio mentre sinora è stata di sola competenza del giudice monocratico. La collegialità è prevista solo in fase di indagini, non quando la misura è adottata durante le procedure di convalida di arresto o fermo ed è estesa anche alle pronunce di aggravamento della misura cautelare e all’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza detentive.
Per fronteggiare le difficoltà soprattutto degli uffici giudiziari di dimensioni medio piccole, tra vuoti in organico ed effetto incompatibilità, conseguenza della collegialità è la scelta di aumentare di 250 unità l’organico della magistratura, destinandole alle funzioni giudicanti.
Infine, sull’avviso di garanzia, se ne prevede un irrobustimento per rafforzarne la funzione di tutela della persona indagata. L’informazione dovrà così quanto a contenuti prevedere una descrizione sommaria del fatto, per consentire di anticipare un abbozzo di difesa, e quanto a forma, evitare il più possibile l’intervento della polizia giudiziaria a protezione della privacy.
Completano il disegno di legge misure per accelerare i tempi di ingresso dei nuovi magistrati e la norma di interpretazione autentica sull’età dei giudici popolari (i 65 anni sono necessari solo al momento della nomina).
Contro l'abuso dei decreti d'urgenza ruolo sempre più attivo della Consulta
di Giulio M. Salerno - Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Macerata