Civile

Riforma della magistratura onoraria: una settimana in più per chiudere il testo

Contro "il ridimensionamento" della categoria, la Consulta dei giudici prepera nuove denunce in Europa

di Francesco Machina Grifeo

Sì è chiusa con un rinvio del termine di presentazione degli emendamenti, dal 22 al 28 ottobre, e la minaccia di accelerare la richiesta della procedura d'infrazione contro l'Italia, la seduta di ieri in Commissione Giustizia del Senato con all'ordine del giorno il Ddl di iniziativa governativa (n. 1438) - "Modifiche alla disciplina sulla riforma organica della magistratura onoraria" - che interviene sulla legge Orlando.

Ad infiammare gli animi le risposte di una delle due relatrici, Valeria Valente (PD) (l'altra è Elvira Lucia Evangelista, M5S), alle perplessità espresse dal senatore Caliendo (FIBP-UDC) sul limite dei tre giorni lavorativi - "creerebbe problemi pratici ed operativi nella gestione delle pratiche giudiziarie" -, e su alcune "incongruenze" come "il divieto di svolgere le funzioni presso il giudice di pace, per i magistrati onorari che siano già applicati all'ufficio del processo". Per Caliendo però si deve intervenire anche sulle "arbitrarie disparità di trattamento" che il sistema di retribuzione "a cottimo" porterebbe tra alcune categorie: giudice di pace e magistrati onorari addetti all'ufficio del processo. Da qui l'annuncio della presentazione "in spirito collaborativo", di emendamenti "volti a migliorare i punti critici".

Intervenendo in replica, Valente ha affermato "la necessità di ridimensionare il ruolo dei giudici onorari uscendo dalla logica emergenziale che ha caratterizzato gli ultimi decenni". "Occorre contenere l'impatto economico della riforma - ha proseguito -, soprattutto per i magistrati applicati all'ufficio del processo". L'obiettivo infatti è "evitare la sperequazione economica tra soggetti appartenenti alla medesima categoria". Mentre a proposito della sentenza della Corte di giustizia del luglio scorso, che ha aperto al riconoscimento dei giudici onorari nella categoria dei "lavoratori" (ai sensi del diritto comunitario), per Valente "fu pronunciata in rapporto al regime giuridico anteriore e che nulla potrebbe caducarne gli effetti per i ricorrenti ma neppure si può desumerne un vincolo per le nuove situazioni, che andranno disciplinate dalla nuova legge, che in ogni caso non sarà retroattiva".

"Non accetteremo mai un simile trattamento e procederemo immediatamente a notiziare le Autorità sovranazionali affinché questa ennesima offesa alla categoria venga opportunamente valutata". Questa la reazione della Consulta dei giudici onorari che raccoglie le diverse Associazioni. "Ridimensionare l'apporto della magistratura onoraria– proseguono -, la stessa che serve quotidianamente il Paese da oltre 25 anni, significa distruggere il sistema giustizia, condurlo alla rovina, in direzione esattamente opposta a quanto imposto negli anni dal supervisore europeo che ha più volte stigmatizzato i tempi della giustizia nazionale".
Sul fronte economico, continua la nota della Consulta, "si impone il versamento di contributi previdenziali interamente a carico del lavoratore". "Si punta, così a incidere su indennità indecorose di per sé, sottraendovi percentuali estremamente significative che tornerebbero allo Stato, utili solo a ingannare sulle cifre lorde indicate. In tal modo viene finanche diminuito il quantum ora percepito, un cottimo mascherato, sensibile come ora agli accidenti occasionali quali malattia o eventi generalizzati, ma aumentando il tempo di impiego negli uffici".

"Sto preparando – annuncia Maria Flora di Giovanni, Presidente Unagipa,– l'ennesima denuncia alla Commissione infrazioni del Parlamento europeo dove chiedere la chiusura della procedura di infrazione e dove invierò il verbale della Commissione giustizia del Senato della Repubblica di ieri".

Intanto, il Tar Emilia Romagna, sentenza non definitiva del 20 ottobre scorso, ha

confermato il rinvio pregiudiziale alla Corte Ue (disposto con l'ordinanza del giugno 2020), sulla richiesta di riconoscimento, da parte di un giudice di pace, della costituzione di un rapporto di pubblico impiego a tempo pieno o part-time con il Ministero della Giustizia e la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive, oltre oneri previdenziali e assistenziali.
Per il Tar la sentenza UX della Corte Ue 16/7/2020 ha infatti affrontato una questione più limitata, quella relativa al pagamento delle ferie, ragion per cui permane l'interesse ad un "più approfondito esame da parte della Corte di Giustizia in sede pregiudiziale, delle funzioni concretamente esercitate dal giudice di pace nell'ambito dell'ordinamento nazionale". Considerata anche "l'esigenza fondamentale" - indicata dalla Cgue - che "la nozione di lavoratore non possa essere interpretata in modo da variare a seconda degli ordinamenti nazionali" (punto 88) e che siano evitate disparità di trattamento (non solo come detto con i magistrati c.d. togati ma anche con l'intera categoria dei lavoratori dipendenti pubblici) non giustificate da "ragioni oggettive" ai sensi della clausola 4 punto 1 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©