Rinuncia agli onorari: valida la transazione con il curatore anche se l'avvocato viene assolto
Valida, anche dopo l'assoluzione in sede penale, la transazione - tra il curatore e l'avvocato ammesso al passivo - con la quale il professionista rinuncia agli onorari in cambio della revoca della costituzione di parte civile. La Corte di cassazione, con la sentenza 26528, respinge il ricorso del legale che chiedeva di annullare la transazione fatta con il curatore fallimentare, dopo la sua condanna in primo grado per responsabilità penale. Un atto con il quale il professionista, accettava di pagare 600 mila euro in favore della procedura e rinunciava al credito professionale, già ammesso al passivo, per circa 629 mila euro.
La richiesta dell'avvocato era stata accolta dal tribunale in virtù della sua assoluzione in appello. Per i giudici di prima istanza, il verdetto favorevole giustificava anche la restituzione dei 600 mila euro già versati e l'inefficacia e l'invalidità della rinuncia al credito concorsuale. E questo perché la transazione sarebbe stata determinata da un errore sulla prima pronuncia di condanna, che aveva indotto le parti a transigere sulla sbagliata previsione di una mancata revisione in appello. Un verdetto ribaltato dalla Corte d'Appello con una decisione che trova l'avallo della Cassazione.
Per la Suprema corte il riconoscimento o meno della responsabilità penale del legale non era il presupposto dell'”accordo”. I giudici precisano, che le reciproche concessioni fatte con una transazione possono riguardare anche liti future non ancora instaurate e eventuali danni che non si sono ancora manifestati, purché questi siano ragionevolmente prevedibili. Scopo della transazione è dunque quello di prevenire gli effetti della lite o superarli, mentre resta estraneo un astratto accertamento degli esiti. Nello specifico il “patto” era teso a definire ogni tipo di responsabilità verso la massa dei creditori, con una forfettizzazione dei possibili pregiudizi, e una altrettanto possibile esposizione debitoria del ricorrente. Non è dunque di nessuna utilità l'assoluzione passata in giudicato, visto che la curatela, dopo la transazione, non aveva proseguito alcun giudizio e, in coerenza con le intese, aveva revocato la sua costituzione id parte civile, perdendo ogni legittimazione.
Corte di cassazione – Sezione I – Sentenza 17 ottobre 2017 n.26528