Riscossione e richiesta di sospensione: risposta sempre dovuta
La mancata risposta entro 220 giorni dalla data di presentazione della domanda di sospensione legale della riscossione costituisce di per sé motivo sufficiente a determinare l’annullamento del diritto del credito oggetto della domanda. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Lecce, con la sentenza 1539/2018 depositata lo scorso 8 febbraio.
Ai sensi dell’articolo 1, commi 537-539 della legge 228/2012, i concessionari della riscossione sono tenuti a sospendere immediatamente la riscossione delle somme iscritte a ruolo o affidate su presentazione di una dichiarazione da parte del debitore, a pena di decadenza entro 60 giorni dalla notifica del primo atto di riscossione utile, con la quale venga documentato che gli atti emessi dall’ente creditore sono stati interessati da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, da un provvedimento di sgravio, da una sospensione amministrativa o giudiziale, oppure da una sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa, ovvero da un pagamento effettuato, riconducibile al ruolo in oggetto.
Entro dieci giorni dalla presentazione di tale dichiarazione del contribuente, il concessionario per la riscossione trasmette all’ente creditore la dichiarazione presentata dal debitore e successivamente l’ente creditore comunica al debitore l’esito dell’esame della dichiarazione, dandone comunicazione al concessionario. In base al successivo comma 540, in caso di mancato invio, da parte dell’ente creditore, della comunicazione recante gli esiti della domanda di sospensione della riscossione, trascorso inutilmente il termine di 220 giorni da quest’ultima, le partite in oggetto sono annullate di diritto.
Nel caso della sentenza qui commentata, a una Spa erano stati notificati degli atti di pignoramento mobiliare relativi ad avvisi di addebito per mancato versamento di contributi Inps. La società aveva, quindi, presentato le dichiarazioni previste dal comma 537, a cui però non era stata data alcuna risposta entro il termine di 220 giorni stabilito dal sopra richiamato comma 540.
Il tribunale del Lavoro aveva respinto il ricorso della Spa, dal momento che quest’ultima non aveva indicato, nelle domande di sospensione della riscossione, la causa - una tra quelle espressamente previste dalle norme sopra riportate - per la quale veniva richiesta tale sospensione, né aveva allegato alcuna documentazione di supporto.
La Corte d’appello ha stabilito, invece, che la sola mancata risposta entro il termine di 220 giorni comporta l’annullamento delle partite in oggetto, perché una risposta al contribuente è sempre dovuta, anche solo per contestare la mancanza di documentazione (nello stesso senso, Ctr Milano 1531/2017, Ctp Milano 114/2017, Ctp Lecce 2674/2016).
Nel caso in questione, peraltro, era stata eccepita l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti previdenziali azionati, avendo dichiarato la Spa di non aver ricevuto la notifica degli avvisi di addebito Inps: la società, quindi, nulla avrebbe potuto dimostrare documentalmente, mentre era onere dell’ente previdenziale provare la contestata validità della notifica degli atti.