Famiglia

Rito unificato (con poche deroghe): più difese contro le violenze

La riforma civile tiene a battesimo anche il nuovo rito unificato «in materia di persone, minorenni e famiglie»

di Giorgio Vaccaro

Oltre al tribunale unificato per le persone, per i minorenni e per le famiglie (si veda l’articolo in alto), la riforma civile tiene a battesimo anche il nuovo rito unificato «in materia di persone, minorenni e famiglie» (legge 206/2021, comma 23 dell’articolo unico), che si applicherà a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare (escluse le adozioni e i ricorsi in materia di immigrazione).
Sul nuovo procedimento la riforma stabilisce i principi di delega: un testo denso, la cui attuazione, affidata ai decreti legislativi che il Governo dovrà emanare entro il 24 dicembre 2022, sarà un passaggio fondamentale per delineare il nuovo assetto del processo della famiglia. Qui analizziamo i punti che potrebbero creare più incertezze applicative.

Contrasto alla violenza

La riforma (al comma 23, lettera b) mira a rafforzare il contrasto ai fenomeni di violenza nelle relazioni prevedendo che «in presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere siano assicurate»:
su richiesta, adeguate misure di salvaguardia e protezione, con gli ordini di protezione contro gli abusi familiari disposti dal giudice in base all’articolo 342-bis del Codice civile;

le necessarie modalità di coordinamento con le altre autorità giudiziarie, anche inquirenti;

la riduzione dei termini processuali;

e disposizioni processuali e sostanziali per evitare la vittimizzazione secondaria.

Sempre alla lettera b) compare poi con una disposizione che potrebbe incrementare la conflittualità. Viene previsto che qualora un figlio minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice, personalmente (senza quindi coinvolgere un esperto come si fa ora), sentito il minore e assunta ogni informazione ritenuta necessaria, accerta con urgenza le cause del rifiuto (compito delicato, perché hanno un’origine articolata) e assume i provvedimenti nel superiore interesse del minore, considerando ai fini della determinazione dell’affidamento dei figli e degli incontri con loro eventuali episodi di violenza.
In ogni caso, sarà necessario garantire, se necessario, che gli eventuali incontri tra i genitori e il figlio avvengano con l’accompagnamento dei servizi sociali e non compromettano la sicurezza della vittima.
Sempre a tutela del minore viene previsto che, qualora il giudice ritenga di avvalersi di un consulente, lo nomina con provvedimento motivato, indicando gli accertamenti da svolgere; il consulente si dovrà attenere «ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica, senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi». Un principio di delega che mira a mettere uno stop all’utilizzo nei tribunali di teorie non riconosciute dalla comunità scientifica, in linea con le conclusioni raggiunte dalla Cassazione.

Giudice relatore

In base alla lettera c) del comma 23, si prevederà la competenza del tribunale in composizione collegiale, ma con facoltà di delega per la trattazione e l’istruzione al giudice relatore, che terrà le udienze e adotterà provvedimenti decisori, anche provvisori, e che potrà delegare ai giudici onorari alcuni adempimenti (esclusi l’ascolto dei minorenni, l’assunzione dei testimoni e gli atti riservati al giudice togato).
Anzi: anche prima che si instauri il contraddittorio, il giudice relatore potrà assumere provvedimenti d’urgenza nell’interesse delle parti e dei minori, fissando l’udienza di comparizione delle parti per confermare, modificare o revocare questi provvedimenti entro 15 giorni. Una scelta che potrebbe tradursi in una compressione del diritto di difesa.
Inoltre, il giudice relatore, tranne che nei casi in cui sono allegate violenze di genere, potrà invitare le parti a tentare un percorso di mediazione familiare.

Ricorso

Ancora, la lettera f) del comma 23 prevede che il giudizio sarà introdotto con ricorso, redatto in modo sintetico, in cui dovranno essere indicati, «a pena di decadenza», i mezzi di prova e i documenti di cui il ricorrente intende avvalersi. Una disposizione in linea con quanto previsto sempre dalla riforma per il processo di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione monocratica.
L’obiettivo è arrivare alla prima udienza con più elementi possibile, per accelerare i tempi. Ma, dall’altra parte, nei procedimenti di famiglia, mettere sul piatto da subito tutti gli elementi di prova, senza possibilità di modularli, potrebbe avere l’effetto paradossale di aumentare la conflittualità tra le parti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©