Civile

Sardegna, ok legge sul ricorso ai medici in quiescenza per esigenze straordinarie

Per la Consulta, sentenza numero 84, non viola la costituzione la legge che ha consentito alle Asl di ricorrere ai medici di medicina generale in quiescenza per l’assistenza negli ambulatori straordinari di comunità territoriale

immagine non disponibile

La Corte costituzionale con la sentenza numero 84, depositata oggi, ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma l, della legge della Regione Sardegna numero 12 del 2024. Tale disposizione, che ha inserito il comma 2-ter nell’articolo 1 della legge della Regione Sardegna numero 5 del 2023, è stata impugnata nella parte in cui ha disposto che, sino al 31 dicembre 2024, i medici di medicina generale in quiescenza possono aderire, anche con contratti libero professionali, ai progetti di assistenza primaria e continuità assistenziale attivati dalle Aziende sanitarie locali, per assicurare la completa copertura delle cure primarie nelle aree disagiate, e di disporre dei ricettari di cui all’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, numero 269.

Nell’impugnare la suddetta legge regionale, il Presidente del Consiglio ha sostenuto che la Regione autonoma della Sardegna avrebbe ecceduto le proprie competenze statutarie e avrebbe violato la competenza statale in materia di ordinamento civile.

La disposizione impugnata, infatti, contrasterebbe con la normativa statale di riferimento e con l’articolo 21, comma 1, lettera j), dell’Accordo collettivo nazionale del 2024, il quale stabilisce che è incompatibile con lo svolgimento delle attività previste da quest’ultimo il medico che fruisca di trattamento di quiescenza come disciplinato dalla normativa vigente.

Nel rigettare la questione, la Corte ha riconosciuto che la disposizione impugnata, cercando di assicurare l’assistenza primaria ai cittadini residenti in zone disagiate e sprovviste del medico di medicina generale, esprime una finalità organizzativa, in funzione della tutela della salute, ed è pertanto legittimo esercizio delle proprie competenze in tale materia.

Pur riconoscendo che la negoziazione collettiva e la vincolatività delle prescrizioni dell’ACN sono volte ad assicurare la necessaria uniformità regolatoria del rapporto di lavoro convenzionale dei medici di medicina generale e quindi l’omogenea fruizione del livelli essenziali di assistenza primaria sull’intero territorio nazionale, la Corte ha chiarito che non si può ritenere precluso alle regioni di adottare misure organizzative straordinarie e con una valenza temporalmente circoscritta, quando tali misure costituiscono una pronta risposta alle criticità nella fruizione dei livelli essenziali di assistenza primaria sul proprio territorio. A ragionare in senso contrario, infatti, si impedirebbe alle regioni di intervenire con propri strumenti per evitare che contingenti criticità nell’erogazione dell’assistenza primaria determinino il sacrificio dell’effettività del fondamentale diritto alla salute, privandolo del nucleo invalicabile di garanzie minime.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©