Scambio elettorale politico-mafioso anche senza diretto esercizio di forza intimidatrice dal clan
La sussistenza del reato può scattare anche per la nota appartenenza dell’intermediario al clan di rilevanza locale, conoscenza già sufficiente a indurre i terzi a votare il candidato deciso dall’associazione a delinquere
Il reato di scambio elettorale politico-mafioso si realizza anche senza specifiche pattuizioni dei favori che possono derivare dall’elezione del candidato che si pone comunque a disposizione generale dell’associazione mafiosa (o camorristica). Il reato si realizza anche in assenza di concrete intimidazioni agite da componenti del clan che si vogliono favorire. Infine, il reato di scambio può bene essere compiuto da chi agisca in maniera individuale senza coinvolgere nella costruzione del patto illecito gli esponente dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. Infatti, già solo la nota appartenenza al clan della persona che provvede a pattuire lo scambio è sufficiente a dispiegare una determinante compressione della volontà della controparte anche quindi senza che sia agita in concreto la forza intimidatrice del vincolo associativo per comprimerla.
La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 42651/2024 - ha perciò respinto il ricorso contro l’applicazione di misura cautelare coercitiva all’imputata che pur essendo figlia del boss di uno dei due clan camorristici operanti nel Comune si difendeva affermando di aver avvicinato il politico uti singulus. Contestando, in sintesi, l’aggravante dell’uso del metodo mafioso data la modalità della sua azione e l’inerzia nella vicenda dei componenti del clan di appartenenza dell’imputata.
La Suprema Corte risponde che la sola caratura criminale della ricorrente - gia accertata da precedente condanna per associazione mafiosa - è sufficiente a intimidire chi vive nella realtà locale dove opera il clan, dispiegando di fatto l’intimidazione che concretizza il “metodo mafioso”. Inoltre, l’imputata figlia del boss si era fatta ritrarre nei poster che la ritraevano all’atto di votare. Altro elemento di sicura pressione nel luogo dove agisca un’associazione mafiosa locale.
Sul contenuto dello scambio, infine, la Cassazione respinge l’assenza di prova della sua conclusione. Infatti, ben può consistere in quello che di fatto era emerso dalle intercettazioni da cui emergeva la promessa generica di futuri favori una volta conquistato lo scranno comunale da parte dell’eletto calato nell’agone politico dal volontario sostegno degli appartenenti all’associazione o di cittadini ad essi vicini o da essi avvicinati con proposte di scambio voto-denaro.
La Suprema Corte con questa decisione di fatto precisa l’applicazione della norma incriminatrice dopo l’ampliamento della fattispecie prevista dall’articolo 416-ter, dopo la modifica recata dalla legge 43/2019: quale il rilievo dato alla figura anche del mero intermediario.