Giustizia

Scardinata la legge «spazzacorrotti»

Se di “dottrina Nordio” si può parlare, dopo l’esposizione in Senato delle linee guida della nuova amministrazione della giustizia, si tratta di un orientamento che la premier condivide senza se e senza ma e che subito è stato applicato

di Giovanni Negri

Detto, fatto. Se di “dottrina Nordio” si può parlare, dopo l’esposizione in Senato delle linee guida della nuova amministrazione della giustizia, si tratta di un orientamento che la premier condivide senza se e senza ma e che subito è stato applicato.

Da Tirana, infatti, Giorgia Meloni fa sapere di essere convinta «del fatto che una riforma della giustizia deve avere due grandi obiettivi: garantire il massimo delle garanzie agli indagati e imputati e poi garantire certezza della pena una volta che la sentenza di condanna passa in giudicato. Mi definisco una garantista nella fase di celebrazione del processo e una giustizialista nella fase di esecuzione della pena. E credo che quello che Nordio disegna sia un meccanismo di questo tipo»

E a poche ore dal passaggio di Nordio in Senato , la parte sulla paralisi amministrativa determinata dal proliferare di reati (in testa la concussione per induzione e il traffico d’influenze) incapaci di condurre a un numero significativo di condanne, ha trovato plastica applicazione proprio nella medesima commissione Giustizia del Senato. A venire approvato è stato infatti un emendamento che smonta uno dei cardini della legge “spazzacorrotti”, la collocazione dei principali reati contro la pubblica amministrazione, corruzione in testa nella lista dei reati ostativi. In quella categoria di reati cioè che impedisce ai condannati che non collaborano con la giustizia di usufruire dei benefici penitenziari (dai permessi premio alla liberta condizionata).

Approvato un emendamento al primo decreto legge del nuovo Governo presentato da Pierantonio Zanettin di Forza Italia che cancella in toto l’inserimento, considerato uno degli emblemi del giustizialismo del primo Governo Conte e invece, un baluardo contro una delle emergenze criminali del Paese dai 5 Stelle. Per Giuseppe Conte così si crea «una prateria di impunità, ma per il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto «il voto della commissione Giustizia, che ha eliminato l’ inaccettabile parificazione dei reati contro la pubblica amministrazione con quelli di mafia ai fini del diritto ai benefici penitenziari, voluta dalla foga giustizialista dei 5 Stelle, costituisce un segnale inequivoco di un nuovo corso di piena valorizzazione dei principi indicati nella Carta costituzionale».

Il Pd, con Anna Rossomando, responsabile Giustizia e Alfredo Bazoli, contesta invece la cancellazione dell’ostatività anche per i reati contro la pubblica amministrazione commessi nella forma associativa, quindi più grave.

La commissione in serata ha concluso l’esame del provvedimento approvando anche la riformulazione della norma sul nuovo reato anti-rave, delimitandone meglio il perimetro, con il riferimento ai soli raduni musicali, la cancellazione del riferimento al numero di partecipanti e la collocazione nel Codice antimafia; confermato l’impianto sanzionatorio con pene fino a sei anni e confisca obbligatoria e allargata. A venire ritirato è stato invece l’emendamento Zanettin sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione (tema sul quale tuttavia Nordio intende ritornare).

Approvato infine un emendamento della Lega al decreto per rinviare al prossimo 30 giugno la scadenza per il pagamento delle multe ai no vax.

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