Scende a quattro mesi il termine per il ricorso alla Corte di Strasburgo
ll cambiamento scatterà dal 1° febbraio 2022 per escludere la retroattività
Taglio nei tempi per la presentazione dei ricorsi a Strasburgo e codificazione del principio di sussidiarietà e del margine di apprezzamento. Sono queste le principale novità dovute all’entrata in vigore, dal 1° agosto, del Protocollo n. 15 che modifica la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e che è stato adottato sin dal 2013.
L’Italia è stata l’ultimo Paese a ratificarlo con legge 1/21, che contiene anche l’ordine di esecuzione, dando il via libera alla sua applicazione che era condizionata alla ratifica di tutti gli Stati parti alla Convenzione.
Tra le novità più importanti, che incidono direttamente sulle vittime che intendono presentare ricorso a Strasburgo e sugli avvocati che agiscono per loro conto, il cambiamento di alcune condizioni di ricevibilità. Il limite temporale per la presentazione di un ricorso, previsto dall’articolo 35 della Convenzione, passa, infatti, da sei a quattro mesi a partire dalla decisione interna definitiva.
Questo cambiamento che, nel rapporto esplicativo è giustificato dalle nuove tecnologie, scatterà dal 1° febbraio 2022 proprio per escludere l’applicazione retroattiva, garantendo il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva. Con lo stesso scopo, il nuovo termine non si applicherà ai ricorsi sui quali la decisione sulla ricevibilità sia stata già adottata, prima dell’entrata in vigore dell’articolo 4 del Protocollo, da una formazione giudiziaria di Strasburgo.
Immediatamente operative, invece, le altre novità che puntano ad assicurare una maggiore efficienza nel funzionamento del sistema di garanzia e un taglio dei tempi per la definizione dei ricorsi. Così, ci si potrà rivolgere a Strasburgo solo in presenza di un pregiudizio importante e non anche nei casi in cui un ricorso non sia stato debitamente esaminato dai giudici nazionali.
Il principio di sussidiarietà, già applicabile, in realtà, attraverso la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, è ormai “codificato” nel testo convenzionale: sono gli Stati, in primo luogo, a dover garantire il rispetto dei diritti fissati nella Convenzione e nei suoi Protocolli, “in modo conforme al principio di sussidiarietà”.
Nel considerando al Preambolo della Convenzione europea, con il Protocollo n. 15, è stato introdotto il principio del margine di apprezzamento – da ampio a ristretto – concesso agli Stati nell’applicazione dei diritti convenzionali seppure sempre «sotto il controllo della Corte europea dei diritti dell’uomo». Tra le novità di funzionamento, l’eliminazione del “diritto di veto” dello Stato o del ricorrente nei casi in cui una sezione della Corte decida di deferire il caso alla Grande camera, che dovrebbe portare a un’accelerazione nelle decisioni della Corte nei casi più complessi. Per quanto riguarda la candidatura a giudice della Corte europea, il Protocollo cambia i limiti di età aprendo le porte solo a coloro che abbiano meno di 65 anni alla data in cui la lista di tre candidati, fornita dagli Stati, arriva all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Il mandato è sempre di nove anni e, quindi, l’età massima passa da 70 a 74.