Responsabilità

Se la Banca non esegue il mandato del debitore risponde del fallimento

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 9388 depositata oggi

di Francesco Machina Grifeo

Se la banca non esegue diligentemente le operazioni concordate col proprio correntista per estinguere il debito e ne chiede invece il fallimento, può essere chiamata a risarcire il danno per fatto illecito (2043 c.c.). E ciò anche se l'opposizione alla dichiarazione di fallimento è stata rigettata, a seguito dell'accertamento di un effettivo stato di insolvenza, e sul punto si è formato il giudicato.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 9388 deposita oggi, accogliendo (con rinvio) il ricorso di un soggetto "fallito" contro Intesa San Paolo (precedentemente Cariprato e poi Bpvi). Il ricorrente aveva dato mandato alla banca di vendere una serie di immobili di sua proprietà per ripagare i debiti ma l'istituto di credito dopo una prima alienazione si era disinteressato delle vendite per i due anni seguenti ed aveva infine chiesto il fallimento del debitore. Le domande di risarcimento del danno da parte del correntista erano però state respinte nelle fasi di merito in quanto ritenute coperte dal precedente giudicato relativo al rigetto della opposizione alla dichiarazione di fallimento.

Per la Cassazione però la richiesta di danni così come formulata è da considerarsi nuova e non coperta dal precedente giudicato in quanto la circostanza dell'esecuzione del mandato conferito alla banca "era stata valutata esclusivamente ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenz a, in relazione al quale il Tribunale, facendo riferimento all'esposizione debitoria ed all'assenza di liquidità di cassa e di credito bancario, ha dichiarato il fallimento". Del resto, nel respingere l'opposizione al fallimento il Tribunale aveva affermato che «ogni discettazione sulla pregressa attività di esecuzione del mandato a vendere da parte della Cassa di Risparmio di Prato è di assoluta e di manifesta irrilevanza».

"L'irrilevanza della circostanza dell'esecuzione del mandato – argomenta la Corte - non è stata dunque posta in relazione ad una fattispecie di responsabilità civile, quale assenza di nesso eziologico fra la circostanza in questione e la dichiarazione di fallimento, come affermato dal giudice di merito, ma è da riferire allo scrutinio della impugnazione della dichiarazione di fallimento medesima nel senso che dirimenti per la sentenza sono stati i profili dell'esposizione debitoria e dell'assenza di liquidità di cassa, e non anche il profilo della pregressa condotta della banca creditrice concernente il mandato".

"Anche ipotizzando in astratto che una domanda risarcitoria per il danno da collegare all'attività di esecuzione del mandato sia stata proposta – conclude la decisione -, assorbente è il rilievo che nel giudicato in questione una pronuncia su una simile domanda manca e che l'omessa pronuncia in ordine a tale ipotetica domanda avrebbe il solo rilievo di giudicato di mero rito, che non impedisce pertanto la riproposizione della domanda (né sarebbe ravvisabile un giudicato implicito con riferimento alla dedotta fattispecie di responsabilità civile per la mancanza di un nesso di pregiudizialità logica con la fattispecie relativa ai presupposti della dichiarazione di fallimento)".

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