Penale

Se la difesa è illegittima: da norme e giudici paletti all’utilizzo delle armi

Tra i limiti pericolo attuale, aggressione alla persona e alternativa impossibile

di Guido Camera

L’uso delle armi per difendersi non è una reazione sempre legittima, anche nel caso di un’intrusione domiciliare. Neppure dopo le modifiche introdotte dalla legge 36/2019, approvata a inizio legislatura con l’obiettivo di escludere la punibilità di chi, difendendosi nel domicilio o nel proprio luogo di lavoro – come nel caso della rapina in un esercizio commerciale – uccida o ferisca l’intruso. Devono infatti essere ancora rispettati alcuni limiti inderogabili, oltre i quali la difesa è illegittima: il pericolo dell’offesa deve essere attuale, l’aggressione rivolta alle persone e non ai beni, e la difesa impossibile con un’azione alternativa.

Sono i paletti posti dalla Cassazione, che ha marcato i confini dell’esimente della legittima difesa domiciliare, in seguito alle modifiche del 2019, in modo da renderla compatibile con il diritto alla vita, la cui inviolabilità è riconosciuta dall’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’obbligo di rispettare il diritto alla vita, ha osservato in particolare la sentenza 13191/2020, «non solo non tollera presunzioni di necessità» ma impone «una puntuale e concreta verifica della necessità della condotta realizzata per la quale è invocata la scriminante della legittima difesa».

È un tema, quello della legittima difesa, che torna ciclicamente di attualità sulla scia dei fatti di cronaca. Da ultimo, la vicenda dell’assessore di Voghera, Massimo Adriatici, a cui è stato contestato l’eccesso colposo di legittima difesa per l’uccisione di un uomo. Pochi mesi fa la rapina di Grinzane Cavour, finita con l’uccisione di due ladri da parte del gioielliere.

Le riforme
L’intervento legislativo del 2019, che ha riguardato gli articoli 52 e 55 del Codice penale, non è stato il primo in materia: la legge 59/2006 aveva già introdotto nel nostro ordinamento la causa di giustificazione della «legittima difesa domiciliare», prevedendo una presunzione di proporzionalità della reazione difensiva - anche con un’arma, se legittimamente detenuta - all’interno del domicilio e in ogni luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

La legge 36 ha reso assoluta la presunzione, specificando che la proporzione dell’autodifesa, in questi casi, non è soggetta alla discrezionalità del giudice, e che «agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone». Inoltre, l’articolo 55 ha espressamente stabilito che, nelle medesime situazioni di aggressione nel domicilio o presso i luoghi di lavoro, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto ha agito - per la salvaguardia della propria o altrui incolumità - in condizioni di minorata difesa, ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.

L’applicazione
La giurisprudenza di legittimità, come detto, ha però da subito ridotto significativamente i margini applicativi delle nuove norme, partendo dal presupposto che «il ricorso alla forza, tale da poter condurre a provocare, anche involontariamente, la morte di un uomo, sia da ritenersi giustificato soltanto se “assolutamente necessario” per assicurare la difesa delle persone da una violenza illegale» (sentenza 19065/2019).

Ne consegue che la presunzione di proporzionalità dell’autodifesa con l’arma nel domicilio ha natura eccezionale, che opera solo quando la tutela pubblica in concreto non sia possibile e presuppone l’esistenza delle precondizioni della necessità e inevitabilità della difesa e dell’attualità del pericolo dell’offesa, non altrimenti contenibile; tutte precondizioni «il cui rigoroso accertamento è rimesso all’apprezzamento del giudice e non può essere preventivamente ritenuto» (sentenza 19065/2019).

Per le stesse ragioni, le ipotesi speciali di legittima difesa non si possono applicare al di fuori del domicilio o degli altri luoghi previsti dall’articolo 52. Sul punto, la Cassazione ha infatti spiegato che, anche dopo la riforma del 2019, «pur sempre di difesa “nel domicilio” si tratta e non di difesa “del domicilio” tout court» (21794/2020).

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