Lavoro

Se manca il nesso causa-effetto la stabilizzazione del lavoratore precario non sana l'illecito euro-unitario

Sotto il profilo soggettivo tale nesso presuppone che la stabilizzazione sia avvenuta nei ruoli del datore di lavoro che ha posto in essere la condotta illecita in argomento

di Pietro Alessio Palumbo

Nel caso di arbitraria successione di rapporti lavorativi precari l'avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già in servizio con contratto a tempo determinato ha effetto riparatorio dell'illecito dell'amministrazione nell'unica ipotesi di specifica correlazione tra l'abuso commesso dall'ente e la "stabilizzazione" ottenuta dal lavoratore. Sotto il profilo soggettivo tale nesso presuppone che la stabilizzazione sia avvenuta nei ruoli del datore di lavoro che ha posto in essere la condotta illecita in argomento; sotto il profilo oggettivo che essa sia l'effetto diretto ed immediato dell'abuso in argomento. Quest'ultima condizione – ha chiarito la Corte di Cassazione (ord.n.30345/2022) - può dunque non ricorre quando l'assunzione di ruolo avvenga all'esito di una procedura selettiva, sebbene dedicata a ‘veterani' impiegati in passato con contratti a tempo determinato.

La Corte d'Appello aveva riformato parzialmente la sentenza del Tribunale di primo grado che accogliendo in parte il ricorso aveva dichiarato l'illegittimità dei termini apposti ai contratti a tempo determinato intercorsi fra le parti e aveva condannato l'Istituto al risarcimento del danno, quantificato in dodici mensilità, nonché a corrispondere le differenze retributive correlate al riconoscimento dell'anzianità di servizio che l'ente aveva negato dopo l'instaurazione dei rapporti a tempo indeterminato. Ciò in violazione del principio di "non discriminazione" enunciato dalla disciplina euro-unitaria.
In particolare quest'ultimo principio prevede che per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato; a meno che non sussistano ragioni oggettive. Se del caso va applicata la regola del "pro rata temporis". Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola devono essere definite previa consultazione delle parti sociali o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e anche le "prassi" nazionali. Per quanto riguarda i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro, nel rispetto del suddetto principio, devono essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato; eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato va quindi stabilita una durata massima totale dei rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, nonché il numero dei rinnovi dei suddetti contratti.

Secondo la Suprema Corte la partecipazione a un concorso, sia pure riservato, non può essere confusa con la stabilizzazione in senso tecnico. Quest'ultima non è assimilabile a una procedura concorsuale in quanto le amministrazioni non hanno il potere di selezionare il personale mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali; dovendo procedere, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato stabilite, esclusivamente alla formazione di una graduatoria secondo l'ordine di priorità desumibile dalle disposizioni normative e sulla base dell'anzianità di servizio. È possibile ammettere soltanto la previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all'esperienza professionale, per il caso di parità di anzianità.
Nell'ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato la successiva immissione del lavoratore nei ruoli del personale a tempo indeterminato costituisce misura sanzionatoria, idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell'abuso soltanto se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di causa-effetto. Il che si verifica quando l'assunzione a tempo indeterminato avvenga in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del personale precario vittima dell'abuso ovvero attraverso percorsi dedicati a detto personale.
Il principio della non idoneità di una procedura concorsuale per l'immissione in ruolo a sanzionare l'abuso del contratto a termine non è messo in discussione nelle ipotesi in cui l'amministrazione bandisca selezioni, interamente o per una quota di assunzioni, riservate ai dipendenti già impiegati con una successione di contratti a termine. Si tratta infatti di procedure svincolate da qualsiasi finalità di riparazione dell'abusiva successione di detti contratti. Pertanto in caso di selezioni riservate, l'abuso opera come mero antecedente remoto della assunzione e offre al dipendente precario una mera chance di assunzione. Su queste basi è dunque errato valorizzare la sola instaurazione fra le parti di un rapporto a tempo indeterminato senza prima esaminare e valutare le caratteristiche della procedura all'esito della quale l'immissione in ruolo è avvenuta.

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