Penale

Se il padre violenta la figlia la madre succube non ha diritto ad attenuanti

Decisiva la considerazione che la donna non ha fatto nulla per proteggere la bambina

di Paola Rossi

A fronte della sudditanza della moglie verso il marito violento, va comunque data preminenza alla mancata difesa attiva della figlia, per condannare - senza attenuanti - la madre che non la protegge dalle violenze sessuali del padre-padrone. Secondo la sentenza n. 28675 depositata il 15 ottobre dalla Cassazione, preminente è infatti proprio il bene dell'integrità psico-fisica di una bambina di sei anni messa a repentaglio dalle regolari violenze subite nella sua casa per mano di suo padre. E senza essere protetta dalla propria mamma. Ciò rappresenta quel dato negativo che giustifica il diniego del giudice di riconoscere alla madre sottomessa le attenuanti generiche per il reato cui ha di fatto concorso con la sua omissione.

Attenuanti generiche e sottomissione come giustificazione - La donna ricorrente, oltre al marito, era stata condannata pesantemente per maltrattamenti in famiglia e concorso nelle violenze sessuali aggravate contro la figlia. Ma in Cassazione chiedeva le fossero riconosciute le attenuanti generiche per la valutazione positiva, che derivava dalla sua evidente sottomissione al marito in un quadro familiare di disagio e violenza. La Cassazione ha invece confermato il ragionamento del giudice di merito che non ha compiutamente argomentato sulla condizione della donna, ma ha dato rilievo alla mancanza di una positiva condotta della dona al fine di proteggere la figlia. La decisione di legittimità precisa, infatti, che le attenuanti invocate vengono concesse non sulla base di rilevati comportamenti positivi dell'imputato, ma sull'assenza di comportamenti negativi. E tale negatività è stata rilevata nell'omessa protezione della propria bambina.

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