Penale

Se scatta l’improcedibilità in appello nuova causa civile per i danni da reato

Vale solo per la parte offesa che ha già ottenuto decisioni a favore in primo grado

di Giovanbattista Tona

La dichiarazione di improcedibilità dell’appello o del ricorso per Cassazione rischia di rendere più accidentato il percorso verso il risarcimento del danno patito dalla persona offesa dal reato, che si era costituita parte civile nel processo penale e che già aveva ottenuto una decisione favorevole in primo grado. Se infatti il giudizio penale diventa improcedibile in appello o in Cassazione la persona offesa dovrà affrontare un nuovo giudizio, di fronte al giudice civile competente, per ottenere i risarcimenti. È una delle conseguenze del nuovo istituto dell’improcedibilità, il più controverso della riforma del processo penale, approvata in via definitiva la scorsa settimana dal Senato.

Gli effetti civili

La riforma introduce nel Codice di procedura penale l’articolo 344-bis che prevede che la mancata definizione del giudizio di appello entro due anni o del giudizio di cassazione entro un anno costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale. In questi casi, quindi, il procedimento si dovrebbe concludere senza una pronuncia nel merito.

Ma il giudice penale può emettere una decisione di condanna dell’imputato a risarcire il danno derivante dal reato, patito dalla parte civile costituita, solo se con la sentenza viene accertata e dichiarata la sua responsabilità penale.

Per questo l’articolo 578 del Codice di procedura penale contiene già oggi una disposizione di deroga, relativa all’ipotesi in cui intervenga una causa di estinzione del reato, in particolare l’amnistia o la prescrizione, nel corso del giudizio di appello o di cassazione, dopo una sentenza di condanna dell’imputato alle restituzioni e al risarcimento del danno a favore della parte civile; in questo caso il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare estinto il reato, anche se non si pronunciano sulla responsabilità penale dell’imputato, devono comunque decidere l’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.

Il nuovo giudizio

Per evitare che la dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale per l’eccessiva durata del giudizio di impugnazione travolga le statuizioni civili già contenute nella sentenza impugnata, la riforma introduce nell’articolo 578 il comma 1-bis in forza del quale il giudice di appello e la corte di cassazione, quando vengono superati i termini previsti dall’articolo 344-bis, dichiarano l’improcedibilità e rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado di appello, che dovrà decidere in base alle prove acquisite nel processo penale.

Si tratta di una soluzione diversa da quella già prevista per le ipotesi di estinzione del reato per prescrizione o per amnistia, nelle quali comunque il giudice è chiamato a formulare una decisione di merito sebbene ai soli effetti civili e, quindi, nonostante il verificarsi della causa estintiva il giudizio di impugnazione dovrà proseguire.

Quando deve essere dichiarata l’improcedibilità è chiaro che l’esigenza è quella di concludere definitivamente il procedimento penale e impedire la prosecuzione di un giudizio di impugnazione protrattosi oltre due anni, se di appello, o oltre un anno, se di cassazione. E ove si prevedesse, anche in questo caso, una pronuncia del giudice penale sul merito ai soli effetti civili lo scopo della disposizione non sarebbe raggiunto.

Sicché il contemperamento tra le ragioni della parte civile che ha scelto di far valere nel processo penale le proprie pretese e quelle dell’imputato che matura il diritto a ottenere una dichiarazione di improcedibilità è stato realizzato con il transito del residuo contenzioso dinanzi al giudice civile competente.

L’improcedibilità rende comunque più accidentato il percorso della persona offesa dal reato, costituitasi parte civile, che dovrà affrontare un ulteriore giudizio dopo aver patito le conseguenze sfavorevoli dell’eccessiva durata del giudizio di impugnazione e senza - a differenza dell’imputato - trarne vantaggio.

Come funziona il nuovo istituto
1. La prescrizione
In base alla riforma, il corso della prescrizione del reato cessa con la sentenza di primo grado. Dopo si applicano le regole dell’improcedibilità (da cui sono esclusi i giudizi per i delitti puniti con l’ergastolo)

2. L’improcedibilità
Scatta l’improcedibilità se il giudizio non viene definito entro due anni in appello o entro un anno in cassazione

3. Le proroghe
Per i giudizi complessi i termini sono prorogati, con ordinanza del giudice, fino a un anno in appello e fino a sei mesi in cassazione. Possibili altre proroghe per i delitti più gravi (terrorismo, mafia, violenza sessuale e associazione illecita finalizzata al traffico di droga)

4. La decorrenza
L’improcedibilità si applica alle impugnazioni per reati commessi dal 1° gennaio 2020, ma per quelle proposte entro il 31 dicembre 2024 i termini sono tre anni in appello e un anno e sei mesi in cassazione


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