Se la truffa ha ad oggetto un contratto nullo la restituzione è immediata
Il contratto concluso per effetto di truffa di uno dei contraenti in danno dell'altro non è radicalmente nullo, ma solo annullabile, in quanto il dolo costitutivo del delitto di truffa, di cui all'articolo 640 del codice penale, corrisponde al dolo inteso quale vizio della volontà, previsto dall'articolo 1439 del codice civile. Entrambi consistono in artifici e raggiri adoperati dall'agente e diretti ad indurre in errore l'altra parte allo scopo di ottenere l'ingiusto profitto mediante il trasferimento della cosa contrattata. Di conseguenza, la truffa non comporta la nullità del contratto ma può portare solo all'annullamento dello stesso, a meno che non sussistano specifici profili civilistici di nullità, come nel caso della raccolta abusiva di risparmio. Ciò è accaduto nel caso deciso dal Tribunale di Genova con la sentenza 653/2015.
I fatti - La vicenda ha visto come protagonisti un operaio, che aveva da poco perso il lavoro, e il suo ex capoturno, dimessosi poco tempo prima. Quest'ultimo aveva convinto il primo a farsi consegnare una somma di 20mila euro in un'unica soluzione con la promessa di corrispondergli un interesse di ben 1.500 euro mensili, senza che fossero precisati però i termini di conservazione e restituzione del capitale, nonché la durata di tale rapporto. L'operaio in seguito ai mancati versamenti effettuati citava in giudizio il suo vecchio capo chiedendo la restituzione delle somme, oltre al risarcimento del danno subito. Dal canto suo, il convenuto si difendeva sostenendo di aver instaurato con il vecchio collega un rapporto costituito in sostanza da un «mandato senza rappresentanza per l'esecuzione di operazioni di investimento ad alto rendimento ed alto rischio», rischio di cui l'attore sarebbe stato ben al corrente.
La nullità del contratto - Il Tribunale accoglie la domanda dell'attore e cerca di fare chiarezza in una vicenda alquanto singolare. Per il giudice, le testimonianze di altri colleghi, i quali avevano effettuato lo stesso “investimento”, e la presenza di numerosi procedimenti penali per truffa a carico del convenuto dimostrano l'esistenza di una fattispecie assimilabile a quella dell'articolo 640 del Cp il cui elemento costitutivo corrisponde al dolo inteso quale vizio del consenso di cui all'articolo 1439 del Cc. In questo caso, tuttavia, non è necessaria una sentenza costitutiva che faccia venir meno la validità del negozio-truffa, in quanto il contratto concretamente posto in essere è di per sé nullo. In effetti - sostiene il giudice - «l'accordo si presenta ad oggetto assolutamente indeterminato, o comunque altamente atipico e certamente dotato di schema negoziale non meritevole di tutela ex art. 1322 comma 2 c.c. … né risultano poteri di controllo del mandante, né obbligo di rendiconto e neppure paiono chiariti il termine temporale del contratto e la facoltà di recedere dallo stesso, con l'esito finale di una drammatica dispersione della tutela del risparmio». Pertanto, stante la nullità del contratto stipulato la domanda di restituzione è da accogliere accolta senza alcuna difficoltà.
La condanna ex articolo 96 del Cpc - Importante è poi la condanna del convenuto al pagamento di ulteriori 4mila euro per responsabilità aggravata, disposta d'ufficio dal giudice ai sensi dell'articolo 96 ultima comma del Cpc. Per il Tribunale, infatti, nel caso di specie si è verificata una «pretestuosa instaurazione o protrazione della causa» con il convenuto che «ha preferito procrastinare il momento della sua esposizione all'esecuzione con una resistenza quasi formale a tutto campo in sede di cognizione, resistenza che ha comunque fruttato, anche in una delle piazze giudiziarie più celeri d'Italia, circa 18 mesi di processo».
Tribunale Genova – Sezione X civile - Sentenza 20 febbraio 2015 n. 653