Se va negata la sospensione della pena detentiva non è escluso concedere la detenzione domiciliare umanitaria
Il grave decadimento psichico inarrestabile del detenuto anziano, anche se pericoloso, può consentire l'ammissione al beneficio
Il giudice di sorveglianza non può respingere l'istanza di sospensione della pena detentiva chiesta a norma della disposizione dell'articolo 147 del Codice penale senza vagliare la possibilità di concedere la detenzione domiciliare cosiddetta "umanitaria" che prevede l'ordinamento penitenziario. Questo l'insegnamento della sentenza n. 6300/2022 della Cassazione sul caso del rigetto dell'istanza di sospensione per motivi di salute ritenuti compatibili con la reclusione se il carcere risulta comunque degradante per il detenuto che abbia manifestato anche un grave stato delle proprie condizioni mentali.
L'infermità rilevante
L'istanza di sospensione che sia stata promossa per "grave infermità fisica" a norma dell'articolo 147 Cp obbliga il giudice a valutare se – al di là dell'accertata compatibilità del carcere con la malattia e le possibilità di cura – ricorra una "grave infermità psichica" per cui lo stato detentivo compromette la dignità della persona. Si tratta cioè della possibilità di concedere, in alternativa alla sospensione della pena, la detenzione domiciliare "umanitaria" prevista dall'articolo 47 ter dell'ordinamento penitenziario per incompatibilità personali col regime carcerario, quando queste determinano nei fatti un trattamento disumano. E su tale beneficio, relativo all'espiazione della pena che sia divenuta degradante e non utile in alcun modo alla funzione rieducativa, la Consulta nel 2019 ha valorizzato lo stato di "grave infermità psichica" facendo venir meno i limiti quantitativi di pena residua previsti dalla norma penitenziaria ai fini del riconoscimento della detenzione domiciliare umanitaria. Tale esame "alternativo" è del tutto mancato nella decisione di diniego ora annullata, che si era appiattita sulla relazione sanitaria relativa ad alcune patologie in atto, mancando di tenere in considerazione lo stato mentale di una persona aspirante suicida e in pieno decadimento psichico (nel caso concreto anche legato all'età) non recuperabile.
La pericolosità
La Corte di cassazione dopo aver dettato al giudice del rinvio l'estensione del giusto perimetro valutativo sull'incompatibilità tra carcere e stato di salute, affronta l'ostacolo alla concessione della sospensione della pena rappresentato dal rischio di commissione di nuovi delitti derivante dalla pericolosità del soggetto recluso. Dice la Cassazione che se il giudice ritenga sussistente lo stato di grave infermità del detenuto pericoloso e condannato a decine di anni di carcere può superare l'ostacolo previsto all'ultimo comma della norma penale se appura che la detenzione domiciliare concessa in alternativa alla sospensione della pena è sufficiente a neutralizzare la pericolosità (magari residua) del soggetto, scongiurando il rischio di commissione di nuovi delitti.