Civile

Sentenza motivata «per relationem» purché con spiegazione sintetica delle ragioni accolte in primo grado

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di Mario Piselli

La sentenza d'appello può essere motivata "per relationem", purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado. Sicché, prosegue la Cassazione con la ordinanza n. 7741 dell'8 aprile 2020, dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.

Nella decisione in esame la Suprema corte ha anche affermato che, nel caso in cui un soggetto, rimasto soccombente all'esito di un giudizio di condanna, sia dichiarato fallito nel corso del giudizio di impugnazione, l'azione proposta non è improcedibile, in quanto, a norma dell'articolo 96 della legge Fallimentare, il creditore, sulla base della sentenza impugnata, può insinuarsi al passivo con riserva, mentre il curatore, dal suo canto, può proseguire il giudizio di impugnazione; ciò vale anche nella contraria ipotesi in cui il fallimento (o la liquidazione coatta amministrativa) sopravvenga alla sentenza di rigetto, anche solo parziale, della domanda proposta da un creditore, risultando tale soluzione coerente con il principio della ragionevole durata del processo.

Ne consegue che, in tal caso, il creditore, per evitare gli effetti preclusivi derivanti dal passaggio in giudicato della decisione di merito, deve proporre impugnazione in via ordinaria nei confronti della curatela, e la sentenza di accertamento del credito, eventualmente emessa in riforma di quella di primo grado, spiega efficacia nei confronti della procedura, allo stesso modo di quella di rigetto dell'impugnazione proposta o proseguita dal curatore in caso di accoglimento della domanda in primo grado.

Cassazione – Sezione III civile – Ordinanza 8 aprile 2020 n. 7741

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