Civile

Separazione giudiziale, accordo patrimoniale impugnabile se lede i terzi

La Corte di cassazione, sentenza n. 26127 depositata oggi, afferma che la revoca può scattare anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza che lo ha recepito, avendo efficacia meramente dichiarativa

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

L’accordo sul trasferimento della casa preso in sede di separazione può sempre essere impugnato se lede i diritti dei terzi, anche se recepito in una pronuncia passata in giudicato. La Corte di cassazione, sentenza n. 26127 depositata oggi, ha così respinto il ricorso di un ex marito contro la decisione della Corte di appello di Genova che aveva ritenuto ammissibile l’azione revocatoria proposta da Mps gestione crediti sulla base di un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Massa.

Il giudice di secondo grado, dunque, aveva bocciato l’eccezione secondo la quale il trasferimento di proprietà dell’unico immobile di sua proprietà alla ex, non sarebbe scaturito dal verbale di separazione consensuale, ma dalla sentenza che aveva chiuso il giudizio di separazione giudiziale. Secondo il Collegio infatti quest’ultima si limitava a recepire l’accordo raggiunto dai coniugi; precisando inoltre che il trasferimento non era avvenuto con adempimento dell’obbligo di mantenimento ma a titolo gratuito.

Nel ricorso in Cassazione, l’uomo reitera l’argomento secondo il quale il trasferimento derivante da una pronuncia passata in giudicato doveva essere inquadrato nella categoria dell’atto dovuto, come tale non revocabile ex articolo 2901, terzo comma, cod. civ..

La Suprema corte rammenta che, “con orientamento costante ed univoco”, non ha mai dubitato della esperibilità dell’actio pauliana in relazione ad atti traslativi riversati negli accordi di separazione consensuale o di divorzio congiunto. Infatti, prosegue, l’accordo di separazione costituisce un atto di natura essenzialmente negoziale rispetto al quale il provvedimento di omologazione si atteggia a mera condizione sospensiva (legale) di efficacia: avendo la funzione circoscritta di verificare che la convenzione sia compatibile con le norme cogenti ed i principi di ordine pubblico.

Tuttavia, considerato che pattuizioni relative tra le altre cose a beni immobili possono rivelarsi lesive dell’interesse dei creditori, la Suprema corte ha affermato che nessun ostacolo testuale o logico - giuridico si frappone alla loro impugnazione tramite azione revocatoria, tanto ordinaria che fallimentare; spiegando che tali azioni non possono ritenersi precluse né dall’avvenuta omologazione dell’accordo di separazione, né dalla pretesa “inscindibilità” della pattuizione stessa dal complesso delle altre condizioni della separazione.

E tali conclusioni prosegue la decisione valgono anche nel caso in esame, con la sola differenza che, “mentre in quelli gli accordi patrimoniali erano posti ad oggetto di separazione consensuale omologata dal Tribunale, nel caso in esame essi sono invece posti ad oggetto di ricorso di separazione giudiziale necessariamente concluso con sentenza che ne ha recepito il contenuto”. “Si tratta però - chiosa la Corte - di differenza che, ai fini in esame, rimane priva di rilievo”.

In definitiva, scrive la Corte: “l’accordo tra coniugi avente ad oggetto un trasferimento immobiliare, anche nell’ambito di un procedimento di separazione giudiziale, è soggetto alle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti e dei terzi, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza che lo ha recepito, spiegando quest’ultima efficacia meramente dichiarativa, come tale non incidente sulla natura di atto contrattuale privato del suddetto accordo”

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©