Penale

Sequestro del cellulare, il Pm non può riacquisire i dati dopo l’annullamento del Riesame

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 31180/2024 accogliendo il ricorso dell’imputato

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di Francesco Machina Grifeo

È illegittimo il decreto di ispezione informatica con il quale il pubblico ministero, prima di disporre la restituzione della “copia forense” dei dati acquisiti tramite il sequestro probatorio di telefoni cellulari, annullato dal tribunale del riesame, acquisisca nuovamente i medesimi dati. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 31180/2024 accogliendo il ricorso dell’imputato.

Per la VI Sezione penale, infatti, un simile provvedimento è “inosservante della decisione giurisdizionale”. Ne consegue il venir meno del potere dell’organo inquirente di incidere ulteriormente sul bene, neppure soggetto a confisca obbligatoria. Ragion per cui l’acquisizione di tali dati configura la violazione della sfera di libertà e segretezza della corrispondenza, al di fuori dei presupposti stabiliti dall’articolo 15 della Costituzione. La Corte ha poi precisato che le “chat” acquisite, affette da “inutilizzabilità patologica”, non sono utilizzabili nella fase delle indagini e a fini cautelari.

Il pubblico ministero invece aveva disposto una “ispezione telematica” con riacquisizione dei dati informatici, utilizzati quindi nella richiesta cautelare e posti a fondamento della misura detentiva applicata all’indagato.

Secondo il Collegio tale modus procedendi ha integrato una violazione del provvedimento giurisdizionale, “neutralizzandone” gli effetti attraverso l’utilizzo - improprio - di un atto di ricerca della prova, che era stato ritenuto, dal tribunale del riesame reale, nullo.

Nel caso concreto, spiega la Corte, la “patologia” deriva proprio dalla violazione del provvedimento giurisdizionale cui è conseguita una illegittima violazione della sfera di riservatezza al di fuori dei presupposti declinati dall’articolo 15 della Costituzione.

La disposizione stabilisce infatti che la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili e che la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Nel momento in cui la competente autorità giudiziaria - ossia il Tribunale del riesame -, prosegue il ragionamento della Corte, ha accertato l’assenza di idonea motivazione a fondamento del sequestro probatorio operato dal Pm, disponendone l’annullamento e ordinando la restituzione dei beni appresi agli aventi diritto, è evidente che l’ulteriore compressione della sfera costituzionalmente tutelata, attuata tramite la ispezione informatica, si pone fuori dal rispetto del perimetro delle garanzie derivanti dall’articolo 15 citato.

Da ciò, conclude la Cassazione, discende la inutilizzabilità delle chat che non possono essere quindi valutate neppure in sede cautelare.

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