Penale

Sì ai domiciliari per settantenni recidivi la Consulta corregge la pena «inumana»

Con due pronunce tecniche ma di vasta portata "sociale" (sentenze 55 e 56/2021, depositate ieri) la Consulta interviene sul calcolo e sull'esecuzione della pena

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di Alessandro Galimberti

No al divieto di detenzione domiciliare per l’ultrasettantenne (recidivo) nella fase dell’esecuzione della pena; e no anche al divieto di bilanciamento (di favore) delle circostanze del reato per il condannato recidivo.

Con due pronunce tecniche ma di vasta portata “sociale” (sentenze 55 e 56/2021, depositate ieri) la Consulta interviene sul calcolo e sull’esecuzione della pena per correggere le sue distorsioni rispetto al percorso costituzionale.

Il magistrato di sorveglianza di Milano ha sollevato questioni di legittimità dell’articolo 47-ter, c.1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) «nella parte in cui prevede che i condannati ultrasettantenni che abbiano riportato condanne con l’aggravante della recidiva non possono usufruire della misura della detenzione domiciliare. L’istanza era stata presentata personalmente da un condannato 78enne per reati fallimentari e tributari che chiedeva la detenzione domiciliare nell’abitazione della moglie. Secondo i giudici è, tra le altre osservazioni, illegittimo subordinare quello che è un giudizio di pericolosità (e/o meritevolezza) al tempo della commissione del delitto rispetto a un percorso di recupero orientato al futuro, e su cui pertanto il giudice dell’esecuzione deve potersi esprimere compiutamente. Sullo sfondo, come ovvio, anche il principio di umanità della pena (articolo 27, terzo comma della Carta).

Più complicata ma ispirata agli stessi principi la sentenza 55, sul divieto di valutazione delle circostanze favorevoli per il condannato per reato diverso da quello voluto (e commesso dal complice, p.es. furto in negozio che diventa rapina impropria per tutti).

La riforma del 2005 impedisce che al recidivo - come nel caso di specie - si applichi la diminuzione dell’articolo 116 ma la Corte - anche sulla scorta della considerazione che qui il titolo più grave è di fatto colposo - ne ha sancito l’illegittimità. Particolare non secondario: il furto contestato in atti era di 8 euro, la pena in ingresso di 5 anni ,che ora scenderà almeno di 4/5.

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