Sì alla lettera di impugnazione presentata dopo il ricorso
Il lavoratore che agisce in giudizio contro il suo licenziamento può produrre la lettera di impugnazione stragiudiziale del recesso anche in una fase successiva alla presentazione del ricorso: il giudice può autorizzare il ricorrente a produrre tale documento dopo che si è costituito il datore di lavoro, qualora questi eccepisca la mancata impugnazione stragiudiziale del licenziamento.
Con questa pronuncia la Corte di cassazione (sentenza 25346/2019) applica in maniera molto estensiva alcuni principi giurisprudenziali già noti e pacifici, con l’effetto di allentare le maglie processuali rispetto ad alcuni termini di decadenza molto importanti.
La controversia che ha dato origine alla pronuncia ha come oggetto l’impugnazione proposta da un lavoratore contro il licenziamento intimato nei suoi confronti: questo lavoratore non ha allegato al ricorso introduttivo del giudizio la lettera di impugnazione stragiudiziale del licenziamento e il datore ha eccepito l’intervenuta decadenza dal diritto di impugnare il recesso. Tale eccezione è stata tuttavia superata grazie all’intervento del giudice di primo grado che, esercitando i propri poteri di acquisizione d’ufficio dei documenti, ha ammesso la produzione tardiva della lettera.
La Cassazione considera corretta tale decisione, ricordando che è sicuramente vero che nel rito del lavoro l’omesso deposito di un documento contestualmente all’atto introduttivo del giudizio determina la decadenza dal diritto alla produzione, ma precisa che tale principio trova delle eccezioni. In particolare il principio trova eccezione nel caso in cui la produzione tardiva sia giustificata dal tempo di formazione del documento oppure, come nel caso considerato, sia resa necessaria dall’evolversi della vicenda processuale successivamente alla presentazione del ricorso.
Il concreto funzionamento della regola e delle eccezioni viene assicurato dai poteri d’ufficio del giudice che, secondo la Corte, deve applicare i principi di «ricerca della verità» cui è ispirato il rito del lavoro, e deve anche tenere conto della diversa natura dei diritti in gioco tra le parti.
Corte di cassazione – Sentenza civile 25346/2019