Penale

Società in house, per l’ad peculato compatibile con la bancarotta

La fallibilità della Spa non esclude la contestazione dei reati contro la Pa

di Patrizia Maciocchi

Il fatto che la società in house sia soggetta a fallimento e dunque i suoi amministratori alla relativa disciplina penale, non esclude la condanna di questi per peculato. La Cassazione (sentenza 37076) conferma il peculato a carico dell’ex presidente del consiglio di amministrazione di una società in house. Ad avviso della difesa invece per la fallibilità della Spa, le condotte del vertice non potevano integrare reati contro la pubblica amministrazione, essendo sanzionabili secondo la legge fallimentare.

In più il ricorrente considerava un errore l’attribuzione del ruolo di incaricato di pubblico servizio. Nella veste apicale di presidente del board si limitava, infatti, ad occuparsi di una normale attività di gestione ed indirizzo. Funzioni tipiche di un manager di una società di capitali, estranee al rapporto di servizio con il socio pubblico. L’attività svolta era dunque caratterizzata da profili esclusivamente privatistici, al pari di una ordinaria attività societaria, disciplinata dal Codice civile.

Una tesi che la Suprema corte smonta sulla base del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (Dlgs 175/2016) secondo il quale il legale rappresentante di una compagine, qualificabile come in house providing, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio. Con l’occasione i giudici di legittimità ricordano anche che, sulla base delle direttive emanate dall’Anac, le società in house sono state ritenute direttamente destinatarie delle norme di prevenzione sulla corruzione.

Né può essere di ostacolo alla condanna per peculato la fallibilità della Spa e dunque le possibili contestazioni di reati connessi.

La Suprema corte sottolinea, infatti, la configurabilità del concorso formale tra il reato di peculato e quello di bancarotta fraudolenta per distrazione. Condotte che si differenziano tra loro «per il soggetto attivo, per l’interesse tutelato, per le modalità di aggressione del bene giuridico, per il momento della consumazione, per la condizione di punibilità prevista solo in relazione al reato fallimentare».

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