Il CommentoSocietà

Società a ristretta base azionaria, articolazione della prova contraria del socio in caso di accertamento

Ultimi orientamenti della cassazione

di Giuseppe Durante*

Gli accertamenti di natura presuntiva emessi e notificati dall'Agenzia delle entrate che ha visto destinatari società cosiddette a ristretta base azionaria ha interessato soprattutto nell'ultimo quinquennio tantissimi comparti societari, alimentando pertanto un contenzioso che non può prescindere da una serie di punti fermi dettati dalla giurisprudenza di legittimità formatasi negli ultimi anni che ha reso sempre più difficile e complessa l'articolazione della prova contraria incombente sulla società accertata, ma anche e soprattutto, sui soci accertati chiamati a neutralizzare le presunzioni dell'Amministrazione finanziaria a cui la stessa Cassazione ha dato piena credibilità.

Compito non facile, quello dell'articolazione della prova contraria sub judice, in considerazione dei limiti strutturali che caratterizzano da sempre il processo tributario nel quale può essere d'ausilio, in ambito probatorio, unicamente la prova documentale essendo preclusa la prova testimoniale e il giuramento.

Più che di prova contraria è più giusto parlare di argomentazioni addotte finalizzate a dimostrare al giudice tributario adito, la sussistenza o meglio la configurabilità di circostanze fattuali che escludono la distribuzione tra i soci degli utili extra contabili non dichiarati dalla società di capitali. Una probatio diabolica che ha messo i soci a dura prova; tuttavia, nelle ultime pronunce della Corte di Cassazione, si intravede qualche spiraglio che fa salva la possibilità per il socio accertato di vanificare in qualche modo, la presunzione dell'ufficio impositore

Premessa
In caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati dall'ufficio impositore procedente utili non contabilizzati, per giurisprudenza di cassazione ormai prevalente, opera una sorta di presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria espletabile sub judice ex art.2697, comma 2 cc. che incombe sui singoli soci accertati i quali dovranno inevitabilmente dimostrare che i maggiori ricavi, diversamente da quanto presunto dall'AdE, sono stati accantonati o reinvestiti nelkl'interesse della società.

In particolare, ormai da tempo, si applica una presunzione di matrice giurisprudenziale in base alla quale, laddove, l'Amministrazione finanziaria accerti in capo ad una società di capitali a ristretta base azionaria proprietaria di utili occulti, essi sono automaticamente imputati, nel medesimo esercizio annuale e in quote uguali, ai soci della società stessa (ex pluris: Cass. 4 dicembre 2008 n. 28789 ) in deroga a quanto previsto dall'art.2433 cc applicabile espressamente alle società di capitali.

Il meccanismo che legittima la pretesa impositiva dell'Ade è simile a quello delle società di persone, ossia, del principio di trasparenza di cui all'art. 5 del TUIR .

Si tratta di una presunzione di carattere semplice che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, poichè il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società a ristretta base azionaria giustificato, nel caso di specie, proprio dalla ristrettezza dell'assetto societario che inevitabilmente implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci, quasi sempre legati da un vincolo di parentela, con la conseguenza che una volta ritenuta operante tale presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria cosiddetta probatio diabolica in osservanza al disposto di cui all'art.2697 comma 2 c.c . ( Cass.2 luglio 2020, n°13550 ).

A conferma dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, anche la movimentazione avente ad oggetto i conti correnti bancari dei soci persone fisiche è riferibile alla società a ristretta base azionaria di cui gli stessi fanno parte, configurandosi, nel caso di specie, una presunzione legale relativa utilizzabile dall'ufficio impositore in sede di accertamenti bancari.

E' quanto ha disposto recentemente la stessa Corte di Cassazione nella Sentenza n°1658 del 19 gennaio 2022 . E' questa una delle prime pronunce del 2022 con la quale gli Ermellini hanno confermato la stretta sinergia tra il modus operandi dei soci e le società a ristretta base azionaria di cui essi fanno parte. Tale peculiarità ha legittimato i giudici di Palazzaccio a ritenere fondata in favore dell'ufficio accertatore la configurabilità di presunzione legale relativa attraverso la quale la condotta assunta dai soci nella movimentazione dei loro conti correnti personali può essere ricondotta alla società a ristretta base azionaria di cui gli stessi fanno parte.

Si tratta di un'altra pronuncia con la quale viene confermato l'orientamento della Cassazione in ordine alla sussistenza di una "stretta sinergia" tra il modus operandi assunto dai soci nella ripartizione di utili extra contabili e la società a ristretta base azionaria salvo prova contraria, assolutamente non facile da assolvere per i soci sub judice. Tuttavia, ultimamente, qualche spiraglio in ordine all'assolvimento dell'onere della prova contraria incombente sui soci la cassazione sembra averlo dato.

Accertamenti a ristretta base societaria: le peculiarità principali che contraddistinguono la società di capitali dalle altre

Viene definita società a ristretta base azionaria quella società di capitali la cui compagine societaria è costituita da un numero limitato di soci quasi sempre legati tra loro da un vincolo di parentela e/o affinità quale peculiarità principale di questa particolare tipologia di società.

Non abbiamo una definizione codicistica delle società a ristretta base azionaria, si tratta principalmente di una definizione di matrice giurisprudenziale che ha definito "a ristretta base azionaria" tutte quelle società che hanno la peculiarità di essere costituite da un numero esiguo di soci legati quasi sempre tra loro da un vincolo di parentela o affinità che inevitabilmente rafforza il vincolo solidaristico all'interno del comparto societario.

In ambito tributario generalmente esiste una netta distinzione tra la società di capitali e i soci che di essa ne fanno parte; per cui, l'imputazione degli utili si realizza attraverso una formale deliberazione dell'assemblea dei soci che ne fissa anche i limiti.

Nel corso degli anni, come è stato già segnalato allorquando l'Ade ha accertato una società a ristretta base azionaria ha emesso in concomitanza avvisi di accertamento anche nei confronti dei singoli soci, legittimando la propria pretesa impositiva, in considerazione di una sorta di equiparazione implicita tra la società di persone e la società di capitali a ristretta base azionaria partecipativa, ritenendo, l'ufficio impositore, automatico e, pertanto, legittimo accertare le maggiori imposte non versate, non solo nei confronti della società di capitali ma anche nei confronti dei singoli soci con partecipazione qualificata.

Negli anni la stessa Corte di Cassazione ha ampiamente avvallato il modus operandi adottato dall'ufficio impositore, ritenendo fondata l'equiparazione tra la società di capitali e i singoli soci, entrambi destinatari della pretesa erariale, precisando i giudici di Palazzaccio che, il presupposto in base al quale è da ritenersi legittimo presumere che vengano distribuiti ai soci gli utili extracontabili accertati alla società di capitali a ristretta base azionaria, è ravvisabile nella stessa tipologia di società, caratterizzata da un numero esiguo di soci compartecipi nonché dall'imprescindibile vincolo di solidaristico esistente tra loro che porta ciascuno dei soci a conoscere gli affari societari attraverso un reciproco controllo dell'attività societaria.

Pertanto, la ridotta compagine sociale che, da sempre caratterizza questa tipologia di società a ristretta base azionaria, rappresenta una peculiarità che legittima la presunzione vantata dall'ufficio impositore in ordine alla possibile o meglio più che probabile distribuzione tra i soci di utili extra contabili riconducibili alla società.
Tale presunzione dell'ufficio può trovare il suo limite nella possibile prova contraria offerta sub judice dai soci accertati.

Si tratta in sostanza di una probatio diabolica particolarmente complessa che incombe su ciascuno dei soci accertati i quali dovranno riuscire a dimostrare al giudice tributario di non aver mai percepito utili a nero; o meglio che, gli utili non dichiarati in bilancio dalla società di capitali non sono stati distribuiti tra i soci.

Si tratta di un onere probatorio particolarmente complesso nella sua articolazione. Tuttavia, come già segnalato, la stessa Corte di Cassazione nelle sue ultime pronunce ha evidenziato alcune circostanze che in fase di articolazione della prova potrebbero permettere al socio accertato di dimostrare la propria estraneità rispetto ad una possibile distribuzione di utili extra contabili riconducibili alla società di capitali.

Ad esempio, circostanze rilevanti possono essere dimostrare l'estraneità del socio o meglio il disinteresse dello stesso rispetto alle scelte gestionali e amministrative che hanno riguardato la società riferito al periodo d'imposta accertato dall'ufficio.

In tal senso, rileva in chiave probatoria, per esempio, depositare i verbali dell'assemblea dei soci da cui è possibile evincere il voto contrario del socio interessato oppure il contrasto formalizzato in atti tra il socio di minoranza e quelli di maggioranza che, pertanto, hanno disposto le iniziative nell'interesse della società di capitali. Oppure, la possibilità per il socio accertato di dare prova certa sub judice in ordine al fatto che egli abbia trascorso gran parte del tempo all'estero, non occupandosi del comparto societario negli anni d'imposta accertati.

Si tratta, tuttavia, di un onere probatorio la cui articolazione necessità sicuramente di una difesa in giudizio attenta e scrupolosa supportata da documentazione probante le diverse ragioni che legittimano una possibile inversione dell'onere della prova così come vantata dall'ufficio accertatore.

Articolazione della prova contraria da parte del socio accertato. Le possibili strategie di difesa - Ultimi orientamenti della Cassazione

La differenza di tassazione tra società di persone e società di capitale risiede essenzialmente nel "criterio di distribuzione degli utili". In particolare, nelle società di persone vige un regime di trasparenza, ossia, di automatica assegnazione delle quote di utili ai soci indipendentemente dalla reale distribuzione in osservanza a quanto previsto dall'art.5 del DPR n°917/86 (TUIR).
In particolare, la previsione normativa di cui sopra dispone testualmente: "I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili".

Nelle società di capitali invece si applica l'art. 2433 del cc, che stabilisce che "non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato".

Di conseguenza, in caso di avviso di accertamento notificato ad una Srl è preclusa qualsiasi pretesa erariale in capo ai soci in caso di mancata prova in ordine alla distribuzione degli utili.

La ristretta base azionaria è un istituto con riferimento alla quale l'Amministrazione Finanziaria presume, come già più volte evidenziato, la distribuzione di utili in capo ai soci; presunzione, in considerazione della quale l'ufficio impositore è legittimato a recuperare le imposte da questi non versate, ribaltando su di loro l'onere di dimostrare in giudizio il contrario.

La ristretta base azionaria implica inevitabilmente una distribuzione automatica in favore dei soci indipendentemente dalla distribuzione ai sensi dell'art. 44 del D.P.R. 917/1986 e pone in favore dell'Amministrazione finanziaria una presunzione di distribuzione ai sensi dell'art. 38 del D.P.R. 600/1973 che richiama le presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Proprio l'impossibilità di fornire la prova negativa ha fatto nascere in giurisprudenza un orientamento in base al quale nelle ipotesi di società a ristretta base partecipativa, può dirsi legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del socio di offrire la prova sul fatto che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente distribuiti tra i soci ma accantonati dalla società; ovvero, da essa reinvestiti.

Osservazioni

Quali devono essere gli accorgimenti che in fase di costituzione di una società a responsabilità limitata possono evitare, in via preventiva, possibili accertamenti da parte dell'AdE?

a) costituire società con più di due o tre soggetti dove nessuno abbia la maggioranza e possibilmente senza alcun vincolo di parentela;
b) i soci migliori sono i dipendenti che in quanto tali non possono avere ingerenze nella società o, comunque, soci con altre attività principali quali fonti di reddito;
c) avere un conto corrente bancario attraverso il quale dimostrare che nulla è transitato dalla società di capitali. Anche se non è preclusa la possibilità che gli utili non contabilizzati siano stati distribuiti tra i soci in nero; pertanto, giammai saranno tracciabili sul conto corrente bancario. E' questa una circostanza che l'ufficio potrebbe evidenziare in sede di controdeduzioni davanti al giudice tributario.
d) evitare lab origine l'approvazione del bilancio riconducibile alla società di capitali. L' articolo 47 del Dpr 917/86 contiene una presunzione legale non suscettibile di prova contraria che in caso di distribuzione di utili ai soci, a prescindere da quanto deliberato dall'organo assembleare, devono considerarsi prioritariamente distribuiti gli utili di periodo e le riserve diverse da quelle di capitale.
Come è stato chiarito con la Circolare ministeriale N 26/E/2004 del MEF la presunzione applicabile sia ai soci persone fisiche che ai soci società di capitali opera a condizione che le riserve di utili presenti siano liberamente disponibili per la distribuzione.

La presunzione, tuttavia, opera solo in presenza di utile dell'esercizio o riserve disponibili per la distribuzione. Con espresso riferimento alla circostanza del conto corrente bancario intestato al singolo socio, in senso diametralmente opposto ad una possibile utilità dello stesso per dimostrare al giudice tributario la non tracciabilità di eventuali utili extra contabili derivanti proprio dalla società di capitali, è l'orientamento palesato dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n°1658 del 19 gennaio 2022 . In particolare, nella casistica posta al vaglio dei giudici di legittimità la CTR adita in sede di gravame ha confermato o meglio ribadito ulteriormente il consolidato orientamento giurisprudenziale assunto negli ultimi anni dalla stessa Corte di Cassazione secondo il quale in tema di accertamenti sui redditi di società di persone a ristretta base familiare, "l'Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell'esercizio dei poteri attribuitigli dall'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, estendendo alla società le operazioni ivi riscontrate".

Nel caso di specie, l'orientamento assunto dai giudici tributari di appello è stato pienamente avvallato dalla Corte di Cassazione che nella sentenza °1658 del 19 gennaio 2022 ha avvalorato la tesi della "stretta interdipendenza" o meglio, della sostanziale "sinergia" tra il comportamento dei singoli soci visti nella loro sfera personale, in ambito bancario, con quello della società a ristretta base azionaria di cui gli stessi fanno parte; il tutto, legittimato dalla configurabilità di una presunzione legale relativa spendibile dall'ufficio impositore in sede di accertamento, sormontabile, quest'ultima, solo in caso di prova contraria fornita dal contribuente, ai sensi del più volte richiamato art.2697 comma 2 cc.

Del resto, la stretta interdipendenza in ordine all'esistenza di utili extracontabili imputabile alla Srl estesa anche ai soci persone fisica è stata ribadita dalla stessa Corte di Cassazione in concomitanza di un'altra Sentenza la n° 8652 del 16 marzo 2022 . In particolare, i giudici di Palazzaccio hanno evidenziato che: "l'accertamento operato dall'Amministrazione finanziaria nei confronti di una società a ristretta base azionaria, ai fini Ires, Irap, addizionali nonché quello conseguenziale operato nei confronti del socio, ai fini irpef costituiscono atti distinti e separati, ma, sicuramente legati tra loro da un vincolo di pregiudizialità. Per cui, il sopravvenuto annullamento dell'avviso di accertamento notificato nei confronti della società di capitali a seguito di un sentenza che ha disposto sul merito della questione impositiva (e non su vizi formali o procedurali), implica inevitabilmente l'infondatezza della pretesa impositiva contenuta nell'avviso di accertamento notificato nei confronti del singolo socio".

Nel caso di specie, i giudici di Legittimità hanno evidenziato la rilevanza e, pertanto, la pregiudizialità dell'avviso di accertamento cosiddetto "principale" o "prodromico" notificato in capo alla Srl a ristretta base azionaria poiché contenente i fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria. Pertanto, i giudici di Cassazione dall'annullamento di quest'ultimo hanno fatto discendere un "effetto pregiudicante" sull'accertamento notificato ex post a ciascun socio appartenente alla Srl ( Cass. Sez.5, Sen.33976 del 19/12/2019 ).

Per certi versi, la conferma degli Ermellini in ordine alla configurabilità di un inevitabile vincolo di pregiudizialità che necessariamente caratterizza i due avvisi di accertamento conferma, a dispetto di un orientamento contrario e costante della stessa Corte di Cassazione, che in caso di accertamenti a società a ristretta base azionaria da cui l'AdE fa discendere de plano l'accertamento nei confronti del singolo socio, è configurabile una "doppia presunzione" che, in quanto tale, deroga espressamente il principio normativo di cui all'art.2727 cc. Deroga, quest'ultima, sempre negata dagli Ermellini, ritenendo questi ultimi che, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati opera la presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci degli utili stessi, Il ricorso a tale presunzione secondo gli Ermellini non vìola il divieto della cosiddetta "doppia presunzione" poiché il fatto noto richiamato espressamente dall'art.2727 cc non sarebbe costituito dalla sussistenza di maggiori ricavi induttivamente accertati dall'ufficio nei confronti della società di capitali, bensì dalla ristretta base societaria nonché dal vincolo solidaristico che rinviene dal rapporto di parentele o affinità che spesso intercorre tra i soci appartenenti alla società e che contraddistinguono questa particolare tipologia di società di capitali.

Non può escludersi la configurabilità di un orientamento di comodo palesato dalla Corte di Cassazione che in una miriade di pronunce ha legittimato il modus operandi dell'ufficio impositore, ritenendo fondata la presunzione dell'AdE in ordine alla distribuzione tra i soci degli utili extracontabili riconducibili alla società di capitali accertata.

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*A cura di Giuseppe Durante, Professore a contratto in Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia Università LUM "Giuseppe De Gennaro" – Avvocato Tributarista in Bari- Roma- Padova - Partner 24 ORE Avvocati