Penale

Sospeso l’ordine di carcerazione se la pena residua non supera il limite dei tre anni

di Giuseppe Amato

A norma dell'articolo 656, comma 10, del Cpp, il pubblico ministero che cura l'esecuzione delle pene detentive, è tenuto a sospendere l'esecuzione dell'ordine di carcerazione, trasmettendo gli atti al tribunale di sorveglianza, se la residua pena da espiare, determinata ai sensi dell'articolo 656, comma 4-bis, del Cpp, non supera i limiti indicati dal comma 5 dello stesso articolo. Lo dice la Cassazione con la sentenza n. 46562 del 10 ottobre scorso. A tal riguardo - proseguono i giudici penali della prima sezione - il pubblico ministero deve provvedere alla determinazione della pena da espiare computando le detrazioni previste dall'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario e il periodo di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile, ed è tenuto alla sospensione se la pena così determinata non risulta superare il limite dei tre anni, ovvero quello di quattro anni nei casi previsti dall'articolo 47-
ter, comma 1, dell'ordinamento penitenziario, o quello di sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del Dpr n. 309 del 1990.

In tema di limiti di pena residua rilevanti per far scattare l'obbligo di sospensione dell'ordine di carcerazione, la Corte prende espressamente le distanze dalla recente decisione della stessa Cassazione (sezione I, 31 maggio 2016, Fanini), laddove, adottandosi una interpretazione evolutiva del disposto dell'articolo 656, comma 5, del Cpp, e pur in assenza di alcun dato formale a supporto, si era sostenuto che, nel caso di richiesta di sospensione correlata a un'istanza di affidamento in prova, il limite di pena edittale dovesse considerarsi quello di quattro anni, e non già quello di tre, sul rilievo, appunto, dell'applicazione estensiva a tutti i casi di affidamento di cui all'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario della specifica disciplina dettata nel comma 3 bis dello stesso articolo 47.

Qui la Corte ricusa la possibilità di adottare in materia penale il canone dell'interpretazione evolutiva, perché in contrasto sia con il principio costituzionale della riserva di legge, sia con quello della separazione dei poteri.

Corte di cassazione – Sezione I penale – Sentenza 10 ottobre 2017 n. 46562

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