Civile

Sovraintendenti Enti lirici, illegittima la decadenza a 70 anni - Il caso San Carlo

La Consulta, sentenza n. 146 depositata oggi, interpellata dal Tribunale di Napoli con riguardo alla Fondazione San Carlo, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, co. 3, del Dl 10 maggio 2023, n. 51, convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 87

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di Francesco Machina Grifeo

Vertici delle Fondazioni lirico sinfoniche, tutto da rifare. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato illegittima, “per evidente mancanza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza” (art. 77 cost.), la disposizione del Dl n. 51 del 2023, che prevede l’immediata cessazione dagli incarichi in corso per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che abbiano compiuto il settantesimo anno di età. La norma del resto, chiosa la Consulta, non presenta alcuna correlazione con l’annunciata finalità di salvaguardare l’efficienza delle fondazioni, nè - denuncia - la decretazione può essere uno strumento per aggirare la centralità del Parlamento.

La questione è stata posta, con ordinanza del 25 ottobre 2023, dal Tribunale ordinario di Napoli che, in funzione di giudice del lavoro, era chiamato a decidere sul reclamo proposto dalla Fondazione Teatro San Carlo contro il provvedimento che aveva accolto la domanda cautelare di immediata reintegrazione del sovrintendente Stéphane Lissner, decaduto dalla carica il 1° giugno per limiti di età (70 anni) in applicazione al decreto citato. A Lissner era succeduto Carlo Fuortes, ex amministratore delegato della Rai, nominato dal Governo.

La Corte costituzionale, sentenza n. 146 depositata oggi , ha così dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, co. 3, del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51 (Disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 87.

La disposizione censurata prevede la cessazione anticipata dalla carica, a decorrere dal primo giugno 2023, per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano compiuto il settantesimo anno di età, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso.

Il Tribunale di Napoli aveva ritenuto tale disciplina lesiva dei principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento e di imparzialità (artt. 97 e 98 Cost.) e aveva denunciato l’evidente carenza dei presupposti prescritti dalla Costituzione per il ricorso al decreto-legge (art. 77 Cost.).

La Corte ha accolto le questioni in riferimento all’art. 77 Cost. e ha dichiarato assorbite le altre censure.

La Corte ha ribadito che il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza, pur affidato all’autonoma scelta politica del Governo, è assoggettato a precisi «limiti costituzionali» e a «regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche». Tale potere normativo «non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (art. 67 Cost.)» e dev’essere esercitato «nel rispetto degli equilibri costituzionalmente necessari».

La preesistenza di una situazione di fatto che comporti la necessità e l’urgenza di provvedere costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del decreto-legge e l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto si configura come un vizio di legittimità costituzionale tanto del decreto-legge quanto della legge di conversione.

Il requisito dell’omogeneità si atteggia come uno degli indici rivelatori della sussistenza o della mancanza delle condizioni di validità del provvedimento governativo.

La Corte ha chiarito che tali limiti non sono funzionali solamente «al rispetto degli equilibri fondamentali della forma di governo, ma valgono anche a scoraggiare un modo di legiferare caotico e disorganico» che reca pregiudizio alla certezza del diritto e, in particolare, «sia all’effettivo godimento dei diritti che all’ordinato sviluppo dell’economia».

La disposizione che sancisce l’immediata cessazione dagli incarichi in corso, a decorrere da una data individuata nel primo giugno 2023, non presenta alcuna correlazione con le finalità di salvaguardare l’efficienza delle fondazioni lirico-sinfoniche, peraltro enunciate nel preambolo del decreto-legge «in termini generici e apodittici».

La disomogeneità della disposizione censurata emerge anche dall’analisi del titolo dell’atto normativo e delle restanti disposizioni del decreto-legge e dalla discussione parlamentare, che non indica «elementi risolutivi in ordine alla straordinaria necessità e urgenza di regolare i rapporti in corso, secondo la tempistica tracciata nel decreto-legge, per dare concreta attuazione all’obiettivo di efficienza dichiarato nella premessa del decreto».

Neppure nel giudizio dinanzi alla Corte sono stati prospettati elementi decisivi in ordine alla conformità ai requisiti prescritti dall’art. 77 Cost.

Tutti gli indici descritti convergono dunque nell’escludere, per la specifica disposizione censurata, quella «esigenza di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità […], che rappresenta la necessaria legittimazione del decreto-legge nel sistema costituzionale delle fonti».

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