Civile

Spese di lite, se l’avvocato sbaglia scaglione il giudice liquida i compensi superiori dovuti

La Cassazione, ordinanza n. 33491/2025 depositata oggi, ha chiarito che il giudice deve riconoscere il compenso applicando lo scaglione relativo al valore della lite correttamente individuato

di Francesco Machina Grifeo

Se l’avvocato ha individuato uno scaglione sbagliato, inferiore rispetto a quello corretto, il giudice, nella liquidazione delle spese giudiziali, deve correggerlo anche aumentando il compenso rispetto a quanto richiesto dal legale. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 33491 depositata oggi, con riguardo a un contenzioso che aveva a oggetto la richiesta di accertamento, da parte del ricorrente, della qualità di socio di una s.r.l..

Dopo un iniziale successo, la Corte di appello aveva annullato la decisione di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società, condannando l’originario attore anche al pagamento delle spese di giudizio. Spese liquidate in misura maggiore rispetto a quanto richiesto dagli stessi avvocati della parte vincitrice, che avevano fatto riferimento a uno scaglione inferiore.

Proposto ricorso, la Suprema corte si è chiesta - dando risposta affermativa - se il giudice, nel procedere alla liquidazione delle spese e del compenso alla parte vincitrice, possa riconoscere una somma maggiore rispetto a quella richiesta, una volta individuato lo scaglione corretto. Per i giudici “una nota spese attraverso la quale un legale invochi il pagamento di un compenso quantificato in base ad una erronea individuazione del reale valore dell’attività professionale prestata stragiudizialmente o della controversia giudiziale patrocinata non preclude al giudice di procedere alla corretta determinazione di tale valore per poi liquidare quanto dovuto a quel legale”.

Inoltre, argomenta il Collegio, proprio la impossibilità per il giudice, in caso di liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente, di poter derogare, sia pure in maniera motivata, ai minimi, non consente che “una liquidazione del compenso effettuata utilizzando un valore erroneamente attribuito all’affare o alla controversia giudiziale finisca con l’attribuire al difensore una somma inferiore a quella minima comunque dovutagli se calcolata individuando correttamente, invece, quel valore”.

In definitiva per la Cassazione va affermato il seguente principio di diritto: “In tema di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice, cui compete determinare il valore della controversia alla stregua di quanto sancito dal codice di procedura civile, quantifica il compenso spettante al difensore della parte vincitrice in base ai decreti ministeriali, vigenti ratione temporis, recanti la determinazione dei relativi parametri. Pertanto, in presenza di una nota spese depositata da quel difensore ma da lui redatta previa individuazione di un valore della lite erroneo e riconducibile ad uno scaglione inferiore a quello corretto, il giudice deve riconoscere al difensore medesimo il compenso spettantegli applicando lo scaglione relativo al valore della lite correttamente individuato, anche ove tale compenso risulti maggiore di quello da lui erroneamente richiesto”.

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