Spese processuali sotto i minimi tariffari: il giudice deve motivare
La Cassazione ricorda che quando il giudice decide di aumentare o diminuire gli importi da riconoscere è doverosa la motivazione, affinché siano controllabili le ragioni dello scostamento dalla tariffa e della quantificazione operata
Se il giudice liquida le spese processuali sotto i minimi tariffari deve fornire motivazione ad hoc. Lo ricorda la sesta sezione civile della Cassazione (ordinanza n. 21848/2022) accogliendo il ricorso di un medico pediatrico che aveva trascinato in giudizio l'ospedale per danni da demansionamento.
La vicenda
Nella vicenda, il professionista vedeva parzialmente accolto il proprio appello avverso la sentenza del tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti della struttura ospedaliera. La corte riteneva provato il demansionamento e il relativo danno biologico liquidando, tuttavia, le spese processuali in misura ridotta.
Il ricorso
Il medico allora adiva il Palazzaccio denunciando la violazione, da parte della Corte, delle tabelle allegate al Dm 55/2014, giacché, dopo aver applicato il principio della soccombenza ritenendo che non sussistessero ragioni per compensare le spese di lite, non si era attenuta ai valori medi né a quelli minimi, senza fornire alcuna motivazione a sostegno della scelta operata.
La liquidazione delle spese processuali
Gli Ermellini ritengono il ricorso fondato. È consolidato nella giurisprudenza di legittimità, premettono, infatti, il principio alla stregua del quale, "in tema di liquidazione delle spese processuali successiva all'entrata in vigore del Dm n. 55/2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo della tariffa, a loro volta derogabili con apposita motivazione, sicché se, da un lato, l'esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi non è soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, dall'altro è doverosa la motivazione allorquando il giudice medesimo decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni dello scostamento dalla tariffa e della quantificazione operata (cfr. fra le tante Cass. n. 89/2021 e Cass. 19989/2021)".
È stato affermato inoltre, proseguono i giudici, che, quando, come nel caso di specie, "il provvedimento giudiziale di liquidazione delle spese processuali non contenga la statuizione circa la debenza delle spese forfettarie rimborsabili o anche solo non ne specifichi la percentuale, la liquidazione costituisce comunque titolo per il riconoscimento del rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale, quale massimo di regola spettante, potendo tale misura essere soltanto diminuita dal giudice che deve in tal caso motivare le ragioni della diminuzione".
Infine, relativamente alla determinazione dei minimi tariffari, si è precisato che la diminuzione "di regola fino al 70%" di cui alla fine del primo comma dell'articolo 4 del dm 55, va interpretata, nel senso che la diminuzione applicabile sul valore medio può essere determinata in una percentuale non superiore al 70% del medesimo e "non già nel diverso senso che l'importo minimo liquidabile corrisponda al 70% del valore medio, ossia che la diminuzione applicabile sul valore medio non possa eccedere il 30% del medesimo" (cfr. Cass. n. 7780/2020).
La decisione
Detto questo, la liquidazione operata dalla Corte d'Appello, ha concluso la S.C., non ha violato i minimi tariffari di cui alla tabella del citato dm, perché l'importo si riferisce alle sole competenze professionali e la liquidazione costituisce comunque titolo per ottenere, in aggiunta alla somma liquidata, il rimborso del contributo unificato e delle spese generali nella misura massima del 15%. A diverse conclusioni si perviene, invece, quanto alla liquidazione inerente il giudizio di primo grado, poiché la somma liquidata (ndr euro 2mila) anche se maggiorata ex lege quanto al rimborso delle spese documentate e di quelle forfettarie, risulta comunque inferiore al limite minimo indicato dalla tabella. Per cui la corte territoriale avrebbe dovuto indicare le ragioni della diminuzione. In assenza di qualsiasi motivazione, il ricorso è dunque accolto e la sentenza cassata con rinvio.