Lavoro

Standard ISO 31030 - Valutazione del rischio di viaggio e pianificazione della mobilità aziendale, gli adempimenti per il datore di lavoro

L'adozione dello standard UNI /ISO 31 030, riconosciuto a livello internazionale ed espressione di una best practice diffusa sul mercato, al di là degli effetti "difensivi", aiuta a sviluppare un approccio maggiormente proattivo nella definizione del budget dei costi di viaggio, compresa la pianificazione di un viaggio di lavoro, la preparazione e la protezione del personale

di Enrico Vergani e Edoardo Piccone Casa*

L'invio di un lavoratore all'estero impone di esaminare diversi aspetti: la legge applicabile al rapporto, la contribuzione e la sicurezza sul lavoro. Mentre i primi aspetti possono offrire soluzioni diverse a seconda della ragione o causale dell'invio (distacco/ trasferta), per la sicurezza la questione è decisamente più complessa, richiedendo l'analisi dell'attività, struttura e tipologia di business dell'azienda ed estendendosi non solo alla sicurezza in senso letterale ma, più in generale, al benessere (la "personalità morale", secondo la definizione codicistica) del lavoratore all'estero.

L'art. 2087 cod. civ., infatti, onera l'imprenditore dell'adozione delle misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie per tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Si tratta, secondo la giurisprudenza, di una norma aperta, dinamica, che ha la funzione di adeguare in modo «permanente l'ordinamento alla sottostante realtà socio-economica».

Il datore di lavoro è, infatti, chiamato a risarcire il danno causato al lavoratore in ogni caso in cui non provi
• di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il rischio, siano esse misure nominate (ossia previste dalla legge o da altra fonte ugualmente vincolante) o innominate (ossia comportamenti specifici non previsti dalla legge ma suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, standard di sicurezza normalmente osservati o che trovino riferimento in altre fonti analoghe) e
• di aver adeguatamente vigilato sull'effettiva implementazione e adozione (anche da parte degli stessi lavoratori) delle misure di sicurezza prescelte.

La corretta azione del datore di lavoro passa quindi attraverso:
(i) la valutazione dei rischi connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa per individuare le fonti di pericolo e l'entità del danno che ne può derivare,
(ii) la predisposizione delle misure necessarie per prevenire il rischio e proteggere i lavoratori,
(iii) l'identificazione del responsabile al loro funzionamento e rispetto e
(iv) l'attuazione delle misure così individuate, soprattutto attraverso informazione e formazione dei lavoratori.

Viene, quindi, da chiedersi se un simile processo e simili responsabilità gravino sul datore di lavoro anche quando invia il proprio lavoratore all'estero, quale che ne sia la forma (distacco, trasferta, assunzione per rendere l'attività all'estero).

La risposta deve essere positiva: nel 2015, infatti, il legislatore ha espressamente imposto al datore di lavoro di prevedere «idonee misure in materia di sicurezza» nell'invio del lavoratore all'estero e nel 2016, il Ministero del Lavoro ha chiarito che in questa ipotesi devono essere valutati tutti i rischi, compresi quelli potenziali e peculiari legati alle caratteristiche del Paese in cui la prestazione lavorativa viene resa (ad esempio le caratteristiche geografiche e climatiche della località estera, le condizioni sanitarie, le caratteristiche culturali, politiche, religiose e sociali della comunità, il rischio di guerre o secessioni, i fattori biologici (patologie), i fattori logistici e legati all'uso di mezzi; i fattori legati a criminalità e delinquenza, l'adeguatezza delle strutture di supporto per l'emergenza e il pronto soccorso e così via).

Del resto non sono mancati in giurisprudenza casi in cui è stata affermata la responsabilità del datore di lavoro (con conseguente sua condanna al risarcimento del danno) anche in ipotesi di invio del proprio personale all'estero per aver omesso di valutare i rischi propri del diverso luogo di lavoro o per non aver adeguatamente vigilato sull'effettiva adozione delle misure di sicurezza predisposte.

Appare quindi fondamentale che, anche in ipotesi di invio del lavoratore all'estero, il datore di lavoro ponga in essere tutti quegli adempimenti necessari o utili per tutelare al massimo la sicurezza e la salute dei lavoratori e prevenire o quantomeno ridurre al minimo l'ipotesi di danni.

In questo senso è stato sviluppato, a livello internazionale, lo standard ISO 31030 che raccoglie una serie di suggerimenti quali l'adozione e, soprattutto, l'implementazione per diverse linee e settori di competenza di una policy aziendale coerente che permetta di assumere le migliori decisioni alla luce dei diversi contesti operativi, la presenza di strutture specialistiche all'interno della società, l'individuazione dei profili di rischio rilevabili esternamente (es. fattori geopolitici) e internamente (es. tipo di viaggio, motivo e durata del medesimo), l'individuazione di figure responsabili della gestione dei rischi (c.d. «travel security manager») che, se adottate e implementate dal datore di lavoro e condivise tre le diverse funzioni aziendali, possono concorrere a ridurre al minimo gli aspetti di rischio per la sicurezza dei lavoratori e la responsabilità del datore di lavoro, tutelando non solo i lavoratori, ma anche le figure apicali dell'azienda e la stessa struttura produttiva, intesa non solo sotto il profilo economico, ma anche per i valori che esprime.

L'adozione dello standard UNI /ISO 31 030, riconosciuto a livello internazionale ed espressione di una best practice diffusa sul mercato, al di là degli effetti "difensivi" per l'azienda ed i responsabili della medesima, aiuta a sviluppare un approccio maggiormente proattivo nella definizione del budget dei costi di viaggio, con prospettiva di trasferirli sul cliente finale mediante un'analisi dei costi incorsi, compresa la pianificazione di un viaggio di lavoro, la preparazione e la protezione del personale.

La valutazione del rischio di viaggio e la pianificazione della mobilità aziendale secondo principi internazionalmente riconosciuti può portare ad una presentazione più accurata del rischio agli assicuratori (consentendo così di risparmiare in termini di costi e premi assicurativi e, in ogni caso, di adottare una gestione del rischio analitica e più efficiente), oltre a costituire un buon argomento e un'azione per migliorare l'atteggiamento ESG dell'azienda, da tenere in considerazione quando si redige il bilancio sociale ovvero ci si confronta nell'ambito di presentazione di proposte ed offerte per gare internazionali o promosse da committenti di standard elevati.

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*A cura di Enrico Vergani, partner, e di Edoardo Piccone Casa, associate, Focus Team Shipping & Transport di BonelliErede

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