Famiglia

Studente fuori sede, il genitore collocatario può chiedere l'aumento dell'assegno di mantenimento

Sulla legittimazione della richiesta e sull'entità dell'importo non ha alcuna rilevanza la cessata coabitazione

di Andrea Alberto Moramarco

Il genitore collocatario del figlio studente fuori sede ha diritto a richiedere un aumento dell'assegno di mantenimento a carico dell'altro genitore, per far fronte all'aumento delle spese sostenute per gli studi universitari del ragazzo. Sulla legittimazione della richiesta e sull'entità dell'importo non ha alcuna rilevanza la cessata coabitazione e la sporadicità dei rientri a casa, se il figlio fa comunque riferimento al genitore per reperire le risorse necessarie per soddisfare le sue esigenze. A precisarlo è la Cassazione in una delle ultime sentenze del 2020 (n. 29977).

La vicenda
La controversia familiare prende le mosse dalla richiesta di aumento dell'assegno di mantenimento, avanzata da una donna nei confronti del suo ex marito, in favore del figlio. La madre, genitore collocatario del ragazzo, chiedeva che l'importo dell'assegno fosse portato da 200 a 450 euro mensili, in considerazione dell'aumento delle spese sostenute dal giovane, trasferitosi a Bologna per frequentare l'Università. Il padre riteneva però che il trasferimento del figlio fosse un elemento da leggere in senso opposto alle richieste della madre. Difatti, era venuta meno la coabitazione tra quest'ultima e il ragazzo, il quale faceva rientro a casa, in Puglia, soltanto in occasione delle festività natalizie e pasquali e durante le vacanze estive. Per giunta, in tali occasioni il figlio spesso rimaneva a casa del padre, il quale, inoltre, in accordo con il ragazzo contribuiva alle sue spese straordinarie correlate allo status di studente fuori sede. Pertanto, la madre non era legittimata a chiedere una revisione dell'importo dell'assegno di mantenimento.
Nei gradi di merito, dopo il rigetto della richiesta da parte del Tribunale, la Corte d'appello dava ragione alla madre. Secondo la corte territoriale, infatti, la cessata coabitazione non incideva in alcun modo sull'assegno di mantenimento, né sulla legittimazione della madre a richiederne l'aumento. Ciò in considerazione del fatto che la madre destinava direttamente al figlio i soldi versati in suo favore dal padre e, soprattutto, che il ragazzo «faceva capo alla stessa per reperire le risorse necessarie per soddisfare le sue esigenze», a cui non poteva provvedere autonomamente.

La coabitazione non è elemento determinante
La questione, molto intricata sul piano processuale, arriva al giudizio finale della Cassazione, che prende atto della effettiva esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti sul tema, optando comunque per un verdetto favorevole alla madre e, dunque, per l'aumento dell'assegno di mantenimento. I giudici di legittimità chiariscono meglio i contorni del requisito della coabitazione, ai fini dell'obbligo di mantenimento. Ebbene, a differenza del rapporto tra coniugi dove vi è una quotidiana coabitazione giustificata dalla unicità di interessi, il rapporto di filiazione, specie se il figlio è maggiorenne, è caratterizzato da una presenza solo saltuaria, data la necessità, tra l'altro, di assentarsi dall'abitazione per esigenze di studio. I rientri saltuari a casa, inoltre, non comportano un mutamento negli assetti familiari, né il venir meno di un legame con il genitore, il quale resta «la figura di riferimento per il corrente sostentamento del figlio», provvedendo «materialmente alle sue esigenze».
Pertanto, afferma la Suprema corte, la sporadicità dei rientri a casa, unita all'assenza di una coabitazione abituale, non fa venir meno l'esigenza di mantenimento del figlio, anzi determinando, in capo al genitore collocatario, l'anticipazione di «ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio». Trova perciò piena giustificazione la legittimazione della richiesta di incremento dell'assegno da parte del genitore collocatario.

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