Stupro di gruppo, commette il reato anche chi è presente alla violenza
La Cassazione, sentenza n. 32503 depositata oggi, ha confermato la misura cautelare nei confronti di una ragazza che afferma: «Troppo forte raga quell'altro gli sta facendo pure il video»
La Cassazione, sentenza n. 32503 depositata oggi, ha confermato la misura cautelare (obbligo di firma) emessa dal Gip del Tribunale di Lamezia Terme in seguito alla imputazione per concorso in violenza sessuale di gruppo ai danni di un ragazzo disabile, nei confronti di una 23enne di Lametia Terme che era presente a uno degli episodi ripreso con il cellulare e diffuso in rete. La ragazza pur non essendo direttamente coinvolta nelle violenze avrebbe però affermato: «Troppo forte raga quell'altro gli sta facendo pure il video».
Il legale dell'imputata ha proposto ricorso contestando la configurabilità stessa del reato nei confronti della sua assistita in quanto la condotta esecutiva era stata realizzata da un terzo. Inoltre, la presenza dell'indagata sul luogo del fatto non era provata. Infine, il Tribunale avrebbe erroneamente ravvisato un "contributo morale" nella frase attribuita alla giovane, in quanto essa sarebbe successiva alla realizzazione del fatto. Di conseguenza, si sarebbe in presenza di una mera adesione morale a un progetto criminoso altrui, come tale penalmente irrilevante.
Per la Suprema corte però il ricorso è inammissibile. Per prima cosa i giudici precisano che «l'indagata è chiamata a rispondere non di concorso in violenza sessuale di gruppo, ma di violenza sessuale di gruppo».
«Sin dall'introduzione dell'art. 609-octies nel codice penale – spiega la decisione -, questa Corte ha costantemente predicato che il delitto di violenza sessuale di gruppo - il quale, per espresso dettato normativo, "consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis" rappresenta una fattispecie autonoma di reato, a carattere necessariamente plurisoggettivo proprio, e richiede per la sua integrazione, oltre all'accordo delle volontà dei compartecipi al delitto, anche la simultanea effettiva presenza di costoro nel luogo e nel momento di consumazione dell'illecito, in un rapporto causale inequivocabile, senza che, peraltro, ciò comporti anche la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un'attività tipica di violenza sessuale, né che realizzi l'intera fattispecie nel concorso contestuale dell'altro o degli altri correi, potendo il singolo realizzare soltanto una frazione del fatto tipico ed essendo sufficiente che la violenza o la minaccia provenga anche da uno solo degli agenti».
La giurisprudenza coerentemente ha precisato, prosegue la decisione, che il concorso eventuale di persone nel reato di violenza sessuale «è divenuto configurabile solo nelle forme dell'istigazione, del consiglio, dell'aiuto o dell'agevolazione da parte di chi non partecipi materialmente all'esecuzione del reato stesso, alla condizione che il correo non sia presente sul luogo del delitto, configurandosi invece, in tal caso, un contributo al delitto di violenza sessuale di gruppo».
«In altri termini - spiega il verdetto della Terza sezione penale del "Palazzaccio" - la realizzazione di un contributo "morale", da parte del concorrente nel reato che non realizza l'azione tipica», ossia la violenza vera e propria, e che si trova «sul luogo e nel momento del fatto» costituisce «una condotta di 'partecipazione' punita direttamente ai sensi dell'art. 609 octies del codice penale».
Quanto alla presunta assenza della ragazza - per gli "ermellini' si tratta solo di una «diversa valutazione dei dati probatori» non consentita in Cassazione e «confezionata» dalla difesa.
Per la Suprema Corte pronunciando quella frase, la giovane «non solo non si è dissociata dalla condotta realizzata» da uno del "branco", «condotta che era ancora in corso posto che in quel momento si stava registrando il video», «ma ha rafforzato nei confronti di costui, l'intento di usare violenza alla persona offesa peraltro portatore di deficit cognitivo».
Sono stati i familiari della vittima ad accorgersi del video che girava in rete e a rivolgersi ai Carabinieri. In tutto sono state emesse una decina di misure cautelari.