Sull’impugnazione del sollecito la giurisprudenza resta divisa
Il sollecito di pagamento non sarebbe un atto autonomamente impugnabile in base all’articolo 19 del Dlgs 546/1992, non entrando nel novero degli atti indicati in tale articolo. In tal senso si è espressa la Ctr Lombardia nella sentenza 3384/34/17 ( presidente e relatore Sacchi) che, pronunciandosi sull’impugnazione di un sollecito di pagamento notificato dall’esattore in forza di una precedente cartella di pagamento, contestata quanto ad omessa notifica, ha affrontato - in via incidentale - la questione dell’impugnabilità degli atti tributari cosiddetti “ atipici”.
Il problema
Nel caso specifico, la parte contribuente si era vista notificare dall’agente per la riscossione un sollecito di pagamento di imposte dovute per le annualità 2007 e 2009 in assenza della preventiva notifica dell’atto presupposto della cartella di pagamento. Seppure in via incidentale, la Ctr affronta il problema dell’impugnabilità degli atti tributari che non sono espressamente riportati nei casi tassativi menzionati dal citato articolo 19, non essendo contenuti in esso né il termine di impugnazione, né la commissione tributaria competente da adire in caso di contestazione.
Ora, è noto il principio ormai consolidato in giurisprudenza della non tassatività degli atti impugnabili espressamente indicati nell’articolo 19, secondo cui sarebbero impugnabili anche atti non autoritativi, purché «idonei a portare a conoscenza i presupposti di fatto e le ragioni in diritto della pretesa impositiva o del diniego del diritto vantato dal contribuente» (vedi per tutte Cassazione sentenza 25498/17). In tal senso il sollecito di pagamento, in quanto mera ricognizione del debito, ha la sola funzione di invitare il contribuente al sollecito pagamento del tributo, non incidendo nella sua sfera patrimoniale.
Non rientrerebbe, quindi, negli atti obbligatoriamente e autonomamente impugnabili. La Ctr, riprendendo la Cassazione 1823/10, ha affermato che il sollecito di pagamento, in quanto non assimilabile ad un atto impositivo, mancando i requisiti essenziali previsti dal comma 2 dell’articolo 19, non è atto autonomamente impugnabile.
Diverso orientamento
Questo orientamento ha però avuto una battuta di arresto in successive pronunce della Suprema corte (sentenze 10987/11 e 18642/12) secondo cui il sollecito di pagamento va interpretato alla stregua di un avviso bonario, e come tale è impugnabile, non essendo necessario il rispetto dei requisiti previsti dal comma 2 dell’articolo 19, in quanto propri degli “atti tipici”. Alla luce di tale giurisprudenza può affermarsi che l’impugnazione del sollecito di pagamento non è obbligatoria, ma facoltativa, e comunque meritevole di tutela, come nel caso in esame, ove si contesti l’esistenza dell’atto impositivo, con cui è sorto l’obbligo tributario: dopotutto, la mancata indicazione del termine di impugnazione e della commissione tributaria competente da adire, trovano applicazione solo per gli atti tipici e neppure a pena di nullità.
Ctr Lombardia nella sentenza 3384/34/17