Amministrativo

Sulla titolarietà della soggettività attiva nelle occupazioni delle strade dei centri abitati fino a 10.000 abitanti, contesa tra Province e Comuni

Sul percorso interpretativo del Canone unico non manca mai un po' di polvere che a volte sollevandosi annebbia la vista. Oggetto di recenti divergenze interpretative sono risultate le occupazioni di suolo pubblico all'interno dei centri abitati con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti che sono ubicati all'interno di Comuni che hanno un numero complessivo di residenti superiore a questo limite.

di Tommaso Ventre*

I Comuni, le Province e le Città metropolitane stanno avendo interpretazioni contrapposte per quel che riguarda l'attribuzione ai primi o alle seconde della soggettività attiva in ordine all'applicazione del presupposto per l'occupazione dei tratti di strada provinciale che attraversano centri abitati di popolazione complessiva inferiore ai 10.000 abitanti ubicati in Comuni che abbiano invece una popolazione residente superiore a 10.000 abitanti.

Sul percorso interpretativo del Canone unico non manca mai un po' di polvere che a volte sollevandosi annebbia la vista. Oggetto di recenti divergenze interpretative sono risultate le occupazioni di suolo pubblico all'interno dei centri abitati con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti che sono ubicati all'interno di Comuni che hanno un numero complessivo di residenti superiore a questo limite.

Il polverone si sta sollevando a causa della infelice formulazione del comma 818 della legge 160/2019 secondo cui "Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all'interno di centri abitati di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 ".

L'analisi del testo pone l'interprete di fronte a strade opposte che potrebbero giustificare le diverse posizioni assunte.

La questione controversa riguarda l'attribuzione ai Comuni o alle Province ed alle Città metropolitane della soggettività attiva in ordine all'applicazione del presupposto per l'occupazione dei tratti di strada provinciale che attraversano centri abitati di popolazione complessiva inferiore ai 10.000 abitanti ubicati in Comuni che abbiano invece una popolazione residente superiore a 10.000 abitanti.

Da una parte alcuni Comuni interpretano la disposizione come se il legislatore abbia voluto definire una scissione tra il regime proprietario e quello applicativo dell'entrata derogando alla previsione del CDS e volendo fare riferimento alla popolazione complessiva del Comune e non a quella del centro abitato.

Dall'altra alcune Province ritengono invece che il riferimento operato al CDS, proprio in virtù dell'espresso richiamo posto nel comma 818 funga da discrimen ai fini della ripartizione della soggettività attiva e quindi la popolazione di riferimento sarebbe quella del centro abitato e non quella complessiva del Comune.

A complicare ulteriormente il percorso si pone il comma 837 che nel definire, per i soli Comuni e Città metropolitane, il canone di concessione per i mercati stabilisce che "Ai fini dell'applicazione del canone, si comprendono nelle aree comunali anche i tratti di strada situati all'interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti, di cui all'articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285".

Le due norme sono poste in stretta correlazione dalla successiva previsione del comma 838 che giustifica l'applicazione del diverso prelievo per i mercati "in deroga alle disposizioni concernenti il canone di cui al comma 816" e quindi lo configura come prelievo speciale rispetto a quello generalmente previsto che va a colpire la fattispecie individuata dal comma 819 alla lettera a).

Dal confronto delle citate disposizioni si evince quindi chiaramente che mentre nel comma 837 il riferimento operato dal legislatore è "conforme" alla previsione del CDS dallo stesso richiamata nel comma 818 il riferimento al CDS è integrato da una peculiare qualificazione dello stesso operata in ordine alla specificazione che i centri abitati sono quelli "di Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti" ponendo in tal modo l'interprete nella difficile definizione del significato e della portata di tale ulteriore accezione. c

Quello operato dal legislatore potrebbe allora risultare testualmente un blend, solo lessicale, tra la previsione in materia di TOSAP dell'art.38, c.4 del 507/1993 - che non fa alcun riferimento al codice della strada- collegando l'integrazione del presupposto del prelievo, di natura tributaria, alla popolazione del Comune e quello in materia di COSAP dell'art- 63 c.1 che invece fa riferimento per il canone avente natura patrimoniale al rapporto proprietario disciplinato dal CDS.

Tuttavia la differenza tra le due discipline era sostanziale e proprio in virtù della configurazione della pretesa quale tributaria il legislatore poteva disciplinarla scindendo l'applicazione del prelievo dal regime proprietario. Per questo motivo le interpretazioni di dottrina, prassi e giurisprudenza formatesi sul testo della TOSAP non possono essere oggi ripescate per chiarire l'applicazione del diverso testo del comma 818.

Ove si dovesse accondiscendere alla citata tesi sostenuta da alcuni Comuni il riferimento del comma 818 sarebbe affetto da una evidente contraddittorietà. Infatti se il legislatore avesse inteso, ai fini della individuazione della soggettività attiva del canone dettare una norma che derogava a quanto previsto dal CDS avrebbe dovuto espressamente statuirlo nel richiamarla. Invece la costruzione logica del testo è chiara nel collegare i tratti di strada alla loro individuazione fornita dall'articolo 2, comma 7, del codice della strada, secondo cui "Le strade urbane (…)sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti".

Oltretutto il Consiglio di Stato V sezione N. 00403/2014 aveva avuto modo di affermare, in altro ambito, la perentorietà delle disposizioni del CDS e la loro non derogabilità ponendo fermo, in generale, il riferimento della popolazione al centro abitato e non al Comune. Infatti il criterio della popolazione è utilizzato dal legislatore per "misurare" il diverso uso della strada. Se il centro abitato è di grandi dimensioni , ovvero superiore a 10.000 abitanti allora vi sarà un maggiore uso dello stesso da parte della collettività comunale e quindi la proprietà verrà considerata comunale se al contrario il centro abitato è di piccole dimensioni, ovvero inferiore ai 10.000 abitanti allora vi sarà un maggiore uso della collettività provinciale.

Che senso ha quindi il riferimento ai centri abitati "di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti"? Sulla base delle considerazioni svolte non può che trattarsi di una mera qualificazione del centro abitato che nel caso previsto dal legislatore dovrà necessariamente essere situato all'interno di un Comune che abbia una popolazione complessiva superiore ai 10.000 abitanti: tale elemento però non potrà assumere alcuna funzione in ordine alla ripartizione della soggettività attiva che necessariamente deve essere conforme al dettato della disposizione richiamata al fine di individuare i tratti dei centri di abitati ai sensi del CDS.

A comprova, sotto altro aspetto di tale lettura il sistema tariffario congegnato dal legislatore al comma 828 prevede che "Per le province e per le città metropolitane le tariffe standard annua e giornaliera sono pari a quelle della classe dei comuni fino a 10.000 abitanti".

E proprio sul fronte dell'entrata che è il fine ultimo della contesa soggettività attiva occorre precisare che le diverse posizioni potrebbero trovare composizione, avendo riguardo alla grande maggioranza delle fattispecie, accondiscendendo alla tesi della possibile scissione del prelievo nella componente relativa all'occupazione ed in quella relativa alla esposizione quando a pretenderlo sono due diversi soggetti e quindi ai Comuni rimarrebbe il gettito relativo alla esposizione e alle Province ed alle Città metropolitane quello relativo alla occupazione necessaria per effettuarla.

Nel merito poi di ulteriori aspetti sui quali cerca di fondarsi la tesi sostenuta da alcuni Comuni in ordine alla titolarità del procedimento concessorio ai sensi dell'art 26 CDS occorre anticipare solo che una cosa è il rilascio e l'incasso delle somme e ben altra è la competenza o la spettanza delle somme dovute, basti pensare al meccanismo che ha governato fino a poco fa la TEFA. Ma questa è un'altra puntata.

*a cura dell'Avv. Tommaso Ventre, Ph.D Professore aggregato di Governance dei tributi locali e Fiscalità degli enti locali presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli, Dottore Commercialista e Revisore Legale

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