Professione e Mercato

Tariffa oraria avvocati, i paletti della Corte Ue: costi siano prevedibili

La sentenza nella causa C-395/21, aggancia la legittimità della parcella a tempo alla prevedibilità dei costi. Se la clausola è illegittima il legale può anche restare senza compenso

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di Francesco Machina Grifeo

La tariffa oraria per gli avvocati finisce sotto la lente della Corte Ue. Affrontando un caso lituano, i giudici di Lussemburgo (sentenza della Corte nella causa C-395/21) ne confermano la legittimità a patto però che essa soddisfi gli obblighi di "chiarezza e comprensibilità", attraverso l'impegno del legale che deve orientativamente quantificare i tempi di lavoro e dunque la spesa per il cliente/consumatore. In caso contrario, il giudice nazionale può anche ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di una clausola abusiva lasciando il professionista senza compenso per i servizi forniti.

La modalità di computo a tempo della parcella, già prevista dalla legge sull'ordinamento forense, è stata appena introdotta in Italia dal Dm Giustizia 147/2022 contenente i nuovi Parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense. Il decreto, che aggiorna il precedente Dm 55/2014, prevede infatti la possibilità di determinare la tariffa all'interno di una forbice che va da 200 a 500 euro per ogni ora o frazione di ora superiore a 30 minuti.

Nel caso affrontato la tariffa era stata fissata in 100 euro ogni 60 minuti, il conto era poi lievitato fino a quasi 10mila euro per una serie di imprevisti. E siccome le fatture non erano state integralmente saldate, l'avvocato si è rivolto al tribunale che però non ha accolto integralmente le sue richieste. Proposto ricorso, la Corte suprema Lituana ha chiesto chiarimenti ai giudici europei.

La Corte Ue afferma che se è vero che non si può esigere che il professionista informi il consumatore riguardo alle conseguenze finanziarie finali del suo impegno, che dipendono da eventi futuri, imprevedibili e indipendenti dalla volontà del professionista, ciò non toglie che le informazioni che egli è tenuto a comunicare prima della conclusione del contratto debbano consentire al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione della possibilità che siffatti eventi si verifichino e delle conseguenze che essi potrebbero comportare per quanto riguarda la durata della prestazione dei servizi legali.

Insomma, il consumatore deve poter valutare il costo totale approssimativo dei servizi. E ciò attraverso una stima del numero prevedibile o minimo di ore necessarie, oppure con un impegno a inviare, ad intervalli ragionevoli, fatture o relazioni periodiche che indichino il numero di ore di lavoro svolte.

Spetta comunque al giudice nazionale valutare se le informazioni comunicate dal professionista abbiano consentito al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione delle conseguenze finanziarie.

Per la Corte dunque "la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria, in assenza di informazioni previamente comunicate al consumatore che gli consentano di prendere la sua decisione con prudenza e piena cognizione delle conseguenze economiche derivanti dalla conclusione di tale contratto, non soddisfa l'obbligo di formulazione chiara e comprensibile ai sensi del diritto dell'Unione.

Il giudice nazionale poi dovrà valutare in primis la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore. Tuttavia la clausola della tariffa oraria non deve essere considerata abusiva per il solo fatto che essa non soddisfa l'obbligo di trasparenza.

Per quanto riguarda le conseguenze, il giudice nazionale ha l'obbligo di disapplicare la clausola, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. E se il contratto non può continuare a esistere , la direttiva 93/13 non osta alla sua invalidazione, anche quando ciò comporti che il professionista non percepisca alcun compenso per i suoi servizi. Ma il giudice del rinvio può anche sostituire la clausola nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva.

Tuttavia, il diritto dell'Unione osta a che il giudice nazionale sostituisca la clausola abusiva dichiarata nulla con una stima giudiziaria del livello del compenso per i servizi forniti.

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